Di lupi, verdi e pecorari
L’importante è non confondersi, con le tonalità di verde tra Germania e Italia. E schivare come la peste l’eco-populismo animalier che spopola da noi
Ci salveranno i Grünen tedeschi? Quegli euro-verdi così liberali, così elegantini ma senza glam inquinante, così cosmopoliti e classe dirigente? Sono attenti alla salute del pianeta, sì. Ma tanto, in Germania, la cosa più tossica che hanno da curare sono gli eco-diesel della Volkswagen, e il vero pericolo sono le piogge acide di nazistoidi. Forse sì, ci salveranno loro. Del resto il Re Sole Macron sta già un po’ in eclissi, e a qualche sole che ride tocca pure votarsi. L’importante è non confondersi, con le tonalità di verde. E schivare come la peste l’eco-populismo animalier che invece spopola da noi. Perché siamo i soliti ultimi del pianeta, anche in ecologia. In Veneto in dieci mesi i lupi hanno sbranato 340 animali, e i leghisti sono pronti a varare una legge bang-bang per sparargli a vista. Ma niente, c’è l’eco-ministro grillino Costa pronto a bloccare tutto: “Il lupacchiotto, vogliamo ammazzare il lupacchiotto?”. Pure Alessandro Gassmann, che però vive a Roma, ci si è messo a difendere i lupi. Antonella Clerici debutta con uno sgangherato remake di Portobello, con il pappagallo in gabbia come ce l’aveva Tortora. Risultato? L’hanno riempita di insulti per manifesta disumanità. Bolsonaro ha vinto le elezioni promettendo di radere al suolo mezza Amazzonia, con annesso sterminio di un po’ di indios. Ma Greenpeace a parte, avete visto voi in Italia grandi alzate di scudi, non diciamo per gli indios, ma almeno per gli alberi? No, alla nostra latitudine politica pre-tropicale quel che resta dei Verdi è ancora una volta Pecoraro Scanio. Che però vuole candidarsi in Europa con i Cinque stelle. Poi dite che non è meglio il cemento.