Le frecce di John e il sovranismo antropologico
Il missionario evangelico ucciso in spiaggia e i truci rutti su Silvia Romano
Sembra uscita da una mitologia ancestrale, senza luogo e tempo, la storia di John Allen Chau: il missionario evangelico di 27 anni che s’è fatto trafiggere con le frecce su una spiaggia delle Andamane dai guerrieri dell’ultima tribù pre neolitica rimasta sulla Terra, che voleva convertire alla fede in Gesù. Eppure, nel suo guscio di noce di evidente follia (scusaci Gramellini), dacché pensava pure che North Sentinel fosse la “roccaforte di Satana”, la storia del missionario John ha qualcosa di urgente e moderno, occidentale. O di orientalista, direbbe Edward Said. E ci dice qualcosa sugli scontri di civiltà e le peripezie dell’antropologia culturale anche più del cannolo di Dolce & Gabbana in Cina, sebbene valga molti meno soldi. E anche più dei truci rutti su Silvia Romano: aiutarli a casa loro; no contrordine, starsene a casa propria.
Qualche memore di Levi Strauss ha ricordato che bisogna rispettare i selvaggi, per quanto poco buoni, nel loro habitat, e pour cause. Del resto i missionari gesuiti si facevano uguali fin nei vestiti ai popoli che andavano a convertire: l’esportazione evangelical-millennial della religione americana è un’altra cosa. Però, in fondo, lui voleva portare una Buona novella: sarà un crimine proibito? Ma qualcuno, e meno male, ha ribaltato il tema: se un giorno i sentinelesi volessero visitare una nuova spiaggia, dovrebbe essere ricacciati a mare? Li dovranno ammazzare? Oppure la terra è di tutti, e i confini una linea sottile? E se tutta la nostra antropologia delle differenze si riduce a un inchino al sovranismo con le frecce, sarà più bello il mondo?