(Foto Imagoeconomica)

I muretti a secco Unesco e il disastro definitivo dell'Italia

Maurizio Crippa

"È una prova d’orgoglio dell’arcaico". Ecco in poche parole il populismo culturale che la è causa dei nostri problemi 

"È la rivincita delle mani sulla betoniera, della sapienza antica e povera sulle architetture multipiano e high tech”. Firmato Antonello Caporale, su Facebook. Citato perché serve, in poche righe, a spiegare il disastro definitivo dell’Italia, espressione geografica annichilita dal populismo culturale e dalla decrescita infelice che si merita il ministro Toninelli. Tema: “L’arte dei muretti a secco”. La parte seria è questa: l’Unesco ha iscritto nella “lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità” i muretti a secco.

 

E siamo felici per i muretti a secco, ovviamente, che sono bellissimi, sono stati per millenni utilissimi e ancora lo saranno, non soltanto in Italia ma in tutta l’area del Mediterraneo – tra i paesi che hanno presentato la candidatura ci sono anche Croazia, Cipro, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera. Ma, a parte che in Valtellina c’è già chi s’è incazzato (siti turistici specializzati) perché la valle dell’Adda viene citata per i muretti, ma non “come zona terrazzata vitata” (già patrimonio del resto) e se la prendono misteriosamente con “la presenza del Salento”, tanto per dire l’Italia divisa tra nord e sud, il vero problema è un altro.

 

È che c’è gente come il paesologo (qualunque cosa significhi) Franco Arminio, citato da Caporale, secondo cui “in questo caso è la mano a vincere sulla macchina, è una prova d’orgoglio dell’arcaico, di ciò che si riteneva superato… la rivisitazione dei luoghi comuni, di una sfida vittoriosa con l’età dell’alluminio anodizzato, con le saracinesche di ferro e le insegne luminose”. È la rivincita delle mani sulla betoniera. E mandate una bella cartolina alle grandi opere.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"