L'inaugurazione del presidente del Brasile Jair Bolsonaro (Foto LaPresse)

Uatsape e Fecibuche

Maurizio Crippa

Gli elettori di Bolsonaro pensano di combattere le élite con Whatsapp e Facebook. Il problema non sono loro, ma la democrazia diretta

Sempre caro m’è stato il Brasile, fosse anche solo per il futebol bailado e Chico Buarque del Hollanda, che non mi permetterei mai di criticare. E come potrei non voler bene alla lingua cantilenante di un popolo in cui uno che doveva chiamarsi banalmente Michael all’anagrafe è diventato Maicon? Però qualcosa è successo, deve essere successo, a quel popolo festoso e melanconico. Non tanto, dico, perché a migliaia di migliaia sono corsi a inneggiare a Bolsonaro, la nuova guida suprema democraticamente eletta, come manco facevano con Lula.

 

Ma perché una bella parte dei suoi elettori – quelli più pop, concediamo: ma non è forse questo il segreto del populismo? – hanno approfittato della festa di piazza per spiegare al Capo chi sono i veri nemici da abbattere: i grandi giornali, le televisioni. Insomma i servi delle élite che criticavano (ma neanche tanto) Bolsonaro e la sua constituency. E per farlo inneggiavano, come assatanati della macumba, ai veri media della democrazia diretta: “Uatsape” e “Fecibuche”. Sì insomma, Whatsapp e Facebook, pronunciati alla Maicon. Non ho nemmeno la pretesa da entomologo (e il filo di razzismo) di Moravia, quando guardava i borgatari di Roma e scriveva Non sanno parlare. Ma in quelle urla belluine in cui “Uatsape” e “Fecibuche” diventano le armi di distruzione di massa e di vendetta contro le élite da consegnare al presidente giustiziere c’è qualcosa di un po’ orrendo, di spaventevole. Ma in fondo non sono loro, i brasiliani: a far spavento è la democrazia diretta.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"