Di Maio il babyboomer
Il leader del M5s promette la crescita e le “autostrade digitali”. Ma negli anni '60 il nostro paese era molto diverso dall'Italia gialloverde
Io c’ero, negli anni ’60, quando la futura mamma di Giggino Di Maio ancora poteva soltanto sognare un angioletto in cielo che un giorno sarebbe diventato bibbitaro. C’ero e mi ricordo il mazzo che si facevano tutti per lavorare, arrivava il progresso, tutti che compravano la televisione e la macchina (tranne il mio papà). E si stava proprio bene, si sperava in un mondo migliore. Io c’ero, ero un po’ cresciuto, anche nei primi anni ’90, quando Bubba Clinton diventò presidente cavalcando la nuova Nuova frontiera, e la strada gliela stava spianando il suo socio Al Gore, che si era inventato quella cosa delle “autostrade digitali”.
Internet non c’era, nessuno capiva benne cazzo fossero, tutti parlavano dei misteriosi “ipertesti”, ma Al e Bubba avevano capito che ci avrebbe fatto i soldi, gli americani, con la Silicon Valley. Giggino non c’era. Ma ieri se n’è uscito con questo paio di fesserie, da sganasciarsi: “Io credo possa esserci un nuovo boom economico come negli anni ’60, avevamo le autostrade e ora la nuova sfida sono le autostrade digitali”. Che, primo, negli anni ’60 per fare le autostrade si andava a sgobbare, mica si stava a casa ad aspettare il reddito di cittadinanza. Secondo, se dite oggi a qualcuno “autostrade digitali”, manco sanno più cos’erano. Pura archeologia del sapere, roba che non esiste più. Lui dice che “l’economia mondiale si sta trasformando”, e capirai. E’ questo l’aggiornamento tecnologico del ministro del Controsviluppo? Un babybomer. Ma vecchio neh, proprio nato vecchio.