I millenaristi
Di Maio è, anagraficamente, un millennial. Possibile che di quella generazione non abbia assorbito niente, ma niente? Nemmeno la coazione a googlare?
Ci abbiamo già riso e già pianto tutti, appena è stata pubblicata sul sito del Monde. E hanno riso, soddisfatti come quando ci si conferma in un antico pregiudizio, pure i francesi. E non ce lo meritavamo proprio, noi italiani: per colpa di questo risibile zotico. Ma è così. “La tradizione democratica millenaria” che Giggino o’ bibbitaro ha attribuito alla Francia – incurante del Re Sole ma pure dei Re Fannulloni, che invece potrebbero risultare più di suo gusto – è una scemenza che fa ridere, che fa piangere.
Detto questo, ci sono alcune faccende di carattere generale che l’ennesimo strafalcione di questa masnada di contrabbandieri illumina. Prima, e anche minore: ma uno straccio di addetto stampa, di scribacchino, di segretaria d’azienda corrispondente in lingue estere (ah no, quella già è ministra) che abbia almeno le basi della Settimana Enigmistica, no? Ma colpisce più questo: il Di Maio storico del millenarismo è lo stesso delle “autostrade informatiche” ed è, anagraficamente, un millennial. Possibile che di quella generazione non abbia assorbito niente, ma niente? Nemmeno la coazione a googlare? L’unica cosa che hanno assorbito, dall’esposizione alla Rete, è il millenarismo, appunto. Che è una forma di superstizione sostitutiva del cervello. Il problema non è dire “la storia millenaria” della democrazia francese. Il problema è che il millennial millenarista è ai margini della storia: non ci è mai entrato. E a noi italiani non resta che chiedere venia ai francesi, per il tramite di François Villon, poeta quattrocentesco (dunque per Di Maio in pieno gollismo) francese: “Fratelli umani, che vivete ancora / Non siate contro noi duri di cuore”.
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