Il mistero del più grande somaro del Pleistocene spiaggiato sul Gennargentu
Bastava guardargli la carta d’identità, o meglio l’username della piattaforma Rousseau per scoprire chi fosse
Che gli analisti politici non sappiano analizzare, è un dato di fatto. Mesi e mesi passati a chiedersi che cosa mai avrebbe potuto scoprire, su e giù per il Nicaragua e la Sierra Lacandona, il subcomandante Dibba in missione speciale. Poi altre settimane e settimane a chiedersi che cosa avrebbe potuto riportare a casa, al suo popolo di primitivi ululanti, da quel viaggio alla descoverta delle Americhe. Niente. Se non che ad esempio, se avesse avuto un po’ più di fiuto giornalistico, o un po’ più di culo, avrebbe potuto, come gli abitanti dell’isola di Marajo alla foce del Rio delle Amazzoni, trovare anche lui la carcassa di una balena, lunga dieci metri, lì nella selvaggia giungla. E come ci è arrivata è un mistero, senza dubbio non con la metro della Raggi. Ma adesso che è tornato qui tra noi, se avesse imparato almeno qualcosa dal metodo scientifico, come gli zoologi della ong Bicho D’Agua Institute, avrebbe potuto far un giretto lì sui monti della Sardegna e fare un’altra scoperta scientifica da quelle da lasciare a bocca aperta. Pare infatti che lassù, tra i bricchi del Gennargentu abbiano trovato, mezzo ammollato tra bidoni di latte sversato, la carcassa di una strana creatura, indecifrabile. Ma consultati per competenza, gli zoologi dell’Amazzonia suggeriscono si tratti del più grande esemplare di somaro che volava del Pleistocene. Ma poi, massì, bastava guardargli la carta d’identità, o meglio l’username della piattaforma Rousseau. Certo che era lui, la pelle d’asino di Giggino Di Maio.