Se l'Arma dei Carabinieri genera inquietudine
Il caso Cucchi, il Capitano Ultimo e Scafarto. Troppe ombre sulla lealtà dei Carabinieri
Vergogna è la parola che va di moda, nella nuova Repubblica di Verdelli. Una volta è “la vergogna del cardinale”, ieri era quella dell’Arma dei Carabinieri che, scrive Carlo Bonini, ha conosciuto “il suo giorno della vergogna” nel Tribunale di Roma in cui sono a processo alcuni militari accusati dell’omicidio di Stefano Cucchi. Per una volta, una parola spesso usata con sovrappiù di moralismo non è fuori luogo. È stato ascoltato come testimone il generale di Corpo d’armata Vittorio Tomasone, nel 2009 comandante provinciale di Roma, che ha opposto una serie di imbarazzati “non ricordo” di fronte alla ricostruzione, piuttosto attendibile e suffragata di riscontri, di un tentativo di insabbiamento che avrebbe coinvolto l’intera catena di comando.
E che portò, tra l’altro, il ministro dell’Interno Alfano a “mentire” in Parlamento, in base a false informazioni ricevute. Secondo il pm Giovanni Musarò, “ora c’è in gioco la credibilità di un intero sistema”. Vergogna, credibilità, inquietudine: le parole sono a disposizione. Noi scegliamo l’ultima. Il caso Cucchi, purtroppo, non è l’unico ad aver gettato negli ultimi anni ombre sulla rettitudine e la lealtà istituzionale di un’Arma che per tradizione e valore è un baluardo della nazione. Dal caso Consip alle peripezie del Capitano Ultimo o di Scafarto, per tacere altri spiacevoli episodi di cronaca che hanno coinvolto militari. Un’immagine inquieta, e che genera inquietudine. Un paese che sbanda già da solo, sui temi della giustizia e delle garanzie, ha bisogno di potersi fidare senza inquietudini, dei suoi Carabinieri.