Salvini e il pelo del gatto
Il vicepremier passa in un paio di giorni da “se Ramy vuole la cittadinanza si faccia eleggere” a “la cittadinanza a Ramy? Sì, è un po’ come fosse mio figlio” senza pagare pegno
Un bravo scrittore italiano che si chiama Paolo Nori, che non è poi così facile essere scrittori, italiani e bravi, qualche giorno fa in una bella intervista a Nicola Mirenzi sull’Huffington Post ha detto: “Il problema non è Salvini, il problema è nella nostra testa”. E anche: “Credere che eliminato Salvini tutto tornerà a posto mi sembra ingenuo. Perché prima non era tutto a posto”. Che è meglio di quel che di solito dicono gli scrittori, su Salvini e anche su Battisti. Lasciando da parte, qui, quel che non era a posto prima, sarebbe un altro discorso, limitiamoci al “problema nella nostra testa”. Sono tutti lì a chiedersi, tra il sarcasmo e il disgusto, come possa accadere che Salvini passi in un paio di giorni da “se Ramy vuole la cittadinanza si faccia eleggere” a “la cittadinanza a Ramy? Sì, è un po’ come fosse mio figlio” senza pagare pegno. Anzi con la stessa rotonda morbidezza con cui stende la crema sul pane, e soprattutto con la disinvoltura di chi non ha mai sospettato l’esistenza del principio di non contraddizione. Tempo fa era saltata fuori la storia: il sospetto che le sue prese di posizione e, repentini cambi di posizione carpiati, non fossero soltanto studiato cinismo populista, ma prodotti di una macchina, di un algoritmo che pensa e dichiara per lui. L’algoritmo “bestia”. Ecco, è una cazzata. Lui sa da che parte lisciare il pelo del gatto, e se il gatto si gira cambia verso alla mano anche lui. Per Salvini è questione di istinto, per noi invece “il problema è nella nostra testa”. E’ che pensiamo sempre e soltanto a Salvini, sempre più depressi perché lui ci arriva sempre prima, al pelo del gatto.