Fruste in Eurovision
Inizia oggi a Tel Aviv il Festival musicale. La cosa che si annuncia più divertente è la presenza degli Hatari, gruppo islandese le cui allegre canzonette sembrano scritte dai poeti di CasaPound
Finalmente inizia oggi l’Eurovision a Tel Aviv, appuntamento molto più pop di un comizio di Salvini, molto più cult di un festival di Sanremo. E, soprattutto, vista la location 2019, atteso con più apprensione di un nuovo round di non-negoziati di Trump in vista di un bombardamento di Teheran. Insomma, la finta guerra tra i fan di Roger Waters boicottatori di Israele e i fan di Madonna che, nomen omen, appare ovunque: basta che paghino. E infatti ci sarà. Ma la cosa che si annuncia più divertente, e più in grado di terremotare l’ordine prestabilito di Tel Aviv (augurandosi ovviamente che le cose serie vadano bene: a scanso di equivoci ci saranno 20 mila agenti) è la presenza di un gruppo islandese che assieme alle sue allegre canzonette che sembrano scritte dai poeti di CasaPound (“L’odio avrà la meglio / l’Europa andrà in frantumi”) vogliono colonizzare Israele (c’è sempre qualcuno che vuole colonizzare Israele) alla religione del Bdsm. Si chiamano Hatari, che vuol dire odio, hanno vent’anni e il look d’ordinanza: maschere, borchie pelle e fruste. Ma soprattutto le idee chiare: odiano Eurovision perché è propaganda commerciale, ma ci vanno; alla libertà occidentale in cui pure sguazzano preferiscono un futuro di fascisti e campi di tortura. Ma il meglio è che vorrebbero, in caso di vittoria, fondare in Israele uno staterello (mancherebbe, eh) Bdsm. E coinvolgere Netanyahu in una, diciamo, festicciola a tema. Ma siccome Bibi è una vecchia pellaccia, ai simpatici ragazzi potrebbe rispondere, a muso duro: “Che fai mi tocchi”, come un Giletti qualsiasi. Paura.