Il premier sul risciò
La grottesca figura di Conte sull’aereo di stato è la nemesi di chi gridava contro la casta e le auto blu
Sull’incoercibile pulsione verso il grottesco di Giuseppe Conte, avvocato del popolo e vicepremier dei suoi vicepremier, indossatore artefatto di modi urbani cerimoniosi, che vorrebbero rimandare all’uso di mondo di un potere inesistente, è stata scritta ormai una vasta letteratura. Con l’imbarazzante scelta di lasciare a terra, dal suo volo di stato verso Hanoi, il deputato ed ex ministro Maurizio Lupi, che aveva fatto l’autostop per far risparmiare la Camera, con la burocratica giustificazione che durante il volo vuole stare tranquillo, il premier, a discutere col suo staff, Conte ha però aggiunto una perla asiatica alla collana di gaffe e atteggiamenti farlocchi.
Ma, a sua discolpa, va annotata una cosa. A lui, il fato di una politica impazzita ha affidato il compito di essere vivente smentita e nemesi di tutti gli eccessi picareschi dei suoi dioscuri. Avevano iniziato i vaffanculisti la campagna contro le auto blu, e gli sprechi di taxi. Qualcuno azzardò foto sul bus, qualcuno esibì, per poco, una bicicletta. Sui voli in classe economy di Giggino e soci si allestì un’epica stracciona. Poi tutto è sfumato, e del risparmio anticasta non s’è saputo più nulla, se non che le auto blu sono tornate. Sull’aereo ammodernato di Matteo Renzi, “l’Air Force One” del Giglio magico, si imbastì un tempo una campagna strumentale e sanculotta da fare schifo. Ora però, in missione d’oriente, il premier dell’anticasta ha mostrato al popolo quanto i privilegi della satrapia del cambiamento siano tornati a essere naturali, indispensabili quasi, per chi ora sta (fino a nuovo penultimatum) nella stanza dei bottoni. E lo ha fatto nel modo più antico, partendo per l’Asia solo come un buddha pensoso. E gli altri giù, a tirare il suo risciò.
CONTRO MASTRO CILIEGIA