Il mostro di Firenze
Tomaso Montanari, arrampicatore di beni culturali, è arrabbiato con noi e vuole salvare l’Italia. Chiudendola
Questo giornale non è abituato a “frignare”, non è nel suo Dna. E nemmeno si indigna, gli indignados sono stracciaculi della sub politica e della sub cultura. Al massimo si incazza un po’, quando è il caso, ma con la dovuta sprezzatura che gli oggetti meritano. Non è mia abitudine dare di “cialtrone” a nessuno, e infatti non l’ho mai dato a lui, ho mosso delle critiche. E poi sarebbe stato pleonastico, basta il nome: Tomaso Montanari. Professore di Storia dell’arte moderna all’Università per stranieri di Siena dopo essere transitato dall’Università della Tuscia, da Tor Vergata e dalla Federico II di Napoli. Più che altro noto, anche nel mondo degli addetti ai lavori, per la sua ampia e un po’ ripetitiva bibliografia divulgativa, argomento fisso: il populismo benecomunista applicato al patrimonio italiano. E ancor di più per le sue ambizioni di carriera, ultimamente gli piace il Mibac, con un piede sempre ben piantato nella pubblicistica e nella politica.
Per dire, lui fiorentino e con un incarico scientifico agli Uffizi, l’altro giorno ha pensato bene di insultare Zeffirelli, da morto, e tutta la città, da viva. Sul Fatto di ieri era particolarmente isterico per via di un articolo del Foglio, in cui lo si indicava, a ragion veduta, come ventriloquo del ministro Bonisoli, per la sua controriforma dei Beni culturali, e per le sue mire sulla futura direzione degli Uffizi. Ma dopo gli insulti, l’articolo parlava d’altro, se la pigliava pure con Nardella (boh). Soprattutto, esponeva la quintessenza del suo pensiero: i ricavi degli Uffizi sono triplicati grazie all’autonomia? Male! Quelli della ri-sovietizzata Accademia (anzi “la Casa del Pisello di Marmo”, come la chiama: che eleganza accademica, eh?) raddoppiati? Sia cacciata la direttrice!
Secondo il Nostro, Firenze è una città che sta morendo, di turismo, come Venezia, e in compenso i fiorentini non vanno più a vedere un quadro, mentre i nostri musei (che pensano solo al vil danaro) non producono più nulla di culturale. Maddai. E anche casa Alinari, che versa in stato di agonia, non trova un imprenditore che la voglia salvare. Che gli imprenditori nazionali e stranieri, anche dal settore della Cultura, con questo ministero e con questi consigliori se la stiano dando a gambe, al Professor Montanari non passa nemmeno per la testa. Poi vedremo chi li manterrà, i musei ri-sovietizzati dalla riforma del ventriloquo.
CONTRO MASTRO CILIEGIA