Il terzismo che non c'è
Anziché guardare con diffidenza il governo di necessità, dateci una élite tosta. Come un “partito della Corona”
Scrive ad esempio @antoniopolito1: “Ma come fanno Manlio Di Stefano e Ivan Scalfarotto ad essere entrambi sottosegretari agli Esteri?”, “E come fanno Laura Castelli e Pier Paolo Baretta ad essere entrambi sottosegretari al Tesoro?”. E non è che la domanda non sia pertinente, non è che gli si possa dar torto. Soltanto che, a leggere due volte, è un po’ troppo facile. E’ chiaro a tutti che il governo dello stato di necessità non sia un dream team, e molti dei sottosegretari vi hanno aggiunto un tratto di ridicolo. Le contraddizioni si vedono a occhio nudo. Il Signore di Lapalisse, in fondo, era un terzista per bene. Al governo di necessità si può essere legittimamente contrari; ma preso atto che esiste, si dovrebbe fare uno sforzo per spostare il punto di osservazione. Togliersi dal terzo piano. Del resto Antonio Polito è uno di quelli che del “piano B” avevano parlato per tempo, non è qui il punto. E’ di superare l’ovvio. Ernesto Galli della Loggia è molto dispiaciuto, più che per il governo, per il fatto che il Pd si sia trasformato nel vero partito delle élite, anzi “il partito dello Stato”. Corretto, ma la domanda è: che c’è di male? Sono meglio i partiti dell’anti stato? E’ un lavoro sporco, ma qualcuno lo deve pur fare. E se in Italia non c’è, da decenni, un’élite civile – vuoi culturale, vuoi confindustriale, vuoi persino editoriale – in grado di essere sostegno e indirizzo delle istituzioni, è normale che quel che resta di una classe dirigente si arrocchi, e persino accrocchi, attorno alla forza politica che, bene o male, ha provato a farlo. Necessità e convenienza sono due istanze non disprezzabili e che spesso si incontrano: ad esempio quando si va a fare la spesa. Adesso, stato di necessità, per due partiti è anche conveniente varare un governo. Il trasformismo è stato a tratti anche una convenienza. A differenza del terzismo. Angelo Panebianco, che è il nostro miglior liberale e terzista non è stato mai, ieri l’ha presa un po’ più alta: dalle Metamorfosi di Ovidio. Per dire che le metamorfosi da cui è nato il Conte bis semplicemente non funzionano. Evidente anche questo, ma riguarda (Panebianco ha la vista lunga) qualcosa che con probabilità accadrà dopo, più avanti, quando svanirà la magia con le conseguenti elezioni. Guardare i fatti dal punto di vista della necessità e accettando la dose di convenienza sarebbe utile. Abbiamo avuto un terzismo “storico”, frutto del disgusto di una élite lib-lab per i due forni della Seconda Repubblica, e l’abbiamo sempre molto criticato. Poi c’è stata l’antipolitica travestita da terzismo, ed è stata anche peggio. Ciò che servirebbe adesso, davvero servirebbe, è un terzismo differente. Nel senso di una componente civile non politica, ma cosciente di se stessa, del paese e del suo stato di necessità, capace di dire: questo va bene, questo no, questo va fatto e questo no. E imporlo nell’agenda pubblica, in modo che qualcosa ne resti almeno appuntata nell’agenda del governo. Un terzismo che non sia espressione di una élite menefreghista, distaccata nel disgusto. Che sia, essa sì, “partito costituzionale”. Una sorta di Camera dei Lord (quando era una cosa seria), un partito della Corona che in Italia non è mai esistito. Non alla finestra. In attesa di nuove metamorfosi.
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