Poi tocca a Bolsonaro?
Se si trovasse il modo di spedire il presidente brasiliano a inquinare un altro pianeta, sarebbe un sogno realizzato
I have a dream, nel mio piccolo. Non sarà uno di quei sogni planetari e onnicomprensivi come un ecosistema di Greta, prima che quei mascalzoni (non gli uomini: proprio l’Umanità) glieli rubassero. Però non è malaccio neanche il mio, anche se temo che farà la stessa fine: un castello campato in aria. Come un Sinodo dell’Amazzonia. Il sogno è questo. Dopo che ci siamo liberati con agile supercazzola ferragostana del sovranista da spiaggia, fuori uno; dopo che ci siamo liberati mercè la regina del sovranista da Brexit; dopo che Trump è finito nelle grinfie della Pelosi (non se ne andrà, ma almeno proverà cosa vuol dire essere impicciati per qualcosa di meno transeunte di un pompino), ecco; quarto, potrebbe venire Bolsonaro. Il sovranista tropicale e incendiario che all’Onu ha detto che nella foresta fa quel che vuole, perché “l’Amazzonia non è un patrimonio dell’umanità”. Che è uguale a dire che l’Isis ha fatto bene a spianare Palmira, mica era un patrimonio dell’umanità. Oppure che si possono sparare gli attivisti indios o le bambine per strada, tanto i diritti umani mica sono universali. Se si trovasse il modo di spedirlo a inquinare un altro pianeta, questo farabutto di Jair Bolsonaro, sarebbe un sogno realizzato.
CONTRO MASTRO CILIEGIA