
Politici che vorrebbero farsi re e l'unico vero re, Cetto
Alla fine, ad aver preso sul serio Emanuele Filiberto di Savoia, è rimasto solo Renzi
L’unico ad aver preso sul serio Emanuele Filiberto di Savoia è stato Matteo Renzi. E un motivo di fondo, psico-attitudinale direbbero le pedagogiste della scuola primaria, se ci pensate bene ovviamente c’è. Stava presentando a Torino “Shock!”, la prima iniziativa di Italia viva (la seconda sarà dunque “Sbam!”, viene da credere) ma gli è partita il cambio automatico: “Dico a Emanuele Filiberto di Savoia che non abbiamo questa fretta che lui torni”.
In momenti di complessità un Paese ha bisogno di una guida stabile. Che porti fiducia e che sia da esempio. Di questo e altro voglio parlare al Paese. Stasera, ore 21 sulle reti Mediaset. #emanuelefiliberto #irealistannotornando #adv pic.twitter.com/OahUPGLwlf
— Emanuele Filiberto (@efsavoia) November 14, 2019
Del resto il Savoia s’era presentato così, a tradimento (Savoia e tradimento: absit iniuria verbis) con un video social: “Buonasera a tutti gli italiani, ho il dovere di annunciare ufficialmente il ritorno della famiglia reale”. Sticazzi. Un proclama che manco la discesa in campo del Cav. sortì un effetto tale: “In momenti di complessità un paese ha bisogno di una guida stabile. Che porti fiducia e che sia da esempio. La Famiglia Reale si pone l’obiettivo di tutelare gli italiani”. Come dargli torto? Un paese che negli ultimi vent’anni ha provato e poi fottuto qualsiasi leader e forma di leaderismo, e ora si ritrova con Zinga Giuseppi Giggi due Mattei intercambiabili, che altro può sognare se non un re, persino se nudo?
Ma il mercato è inflazionato. C’è il savoiardo original, c’è Renzi che Dio gliel’ha data, guai a chi la tocca, c’è il Cav. che si sente ancora Le Roi Soleil. Ma soprattutto c’è Cetto La Qualunque, che li ha capiti meglio di tutti e prima, gli italiani affamati di monarchia, ed è tornato al cinema nelle sembianze di Re Cetto La Qualunque. Perché basta sognare, e non svegliarsi con il nuovo partito di Calenda. Che di pretendenti ce n’è già troppi.

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