Ombrelli e sardine
Visto dall’alto, quel cielo variopinto di ombrelli che ieri sera illuminava la Piazza Grande di Modena, e sotto a ogni cupoletta una sardina, aveva qualcosa di bello, di composto
Ci vorrebbe un etologo, o almeno un sistema metrico decimale più affidabile delle stime della questura, per poter dire quante sardine ci stiano in una piazza, e quanto pigiate, e quante se ne possano legare, strette strette nell’estasi d’amor, sotto a ogni singolo ombrello. Però, visto dall’alto, quel cielo variopinto di ombrelli che ieri sera illuminava la Piazza Grande di Modena, e sotto a ogni cupoletta una sardina, aveva qualcosa di bello, di composto. Di così inusuale per le piazze politiche o autoconvocate d’Italia, sempre sguaiate, sempre tristanzuole. Un colpo d’occhio di buon augurio e contraddittorio, nel triste novembre alluvionale della grande Pianura. Gli ombrelli come un simbolo, per ripararsi dall’acquazzone incipiente di Salvini e della Borgonzoni? Suvvia, questo pare troppo. Furono gli ombrelli, anni fa, il primo, e ben più urgente, simbolo dei giovani di Hong Kong. Ma là la rivolta era vera, e adesso che piovono lacrimogeni e idranti blu gli ombrelli hanno ceduto il posto agli archi e alle frecce. Qui, a Modena, emanavano una domanda diversa, forse più piccina. Sotto ogni ombrello ci sta una testa, per quanto di sardina. E ogni testa di sardina, avvinghiata al suo manico d’ombrello, pensa per sé, e chissà cosa pensa. Si chiedono tutti, da qualche giorno, chi siano e cosa abbiano in mente, e dove vogliano arrivare. Ogni ombrello un voto. E chissà. Per ora, per ieri sera, quella distesa di ombrelli abbracciati da un’antica piazza regalava l’idea che, senza strillare, c’erano tante persone. Ogni sardina con la sua scatola d’ombrello.