Non perculate sempre Di Maio, c'è pure Area Carfagna
L'epopea semicomica del ministro degli Esteri alle prese con la Libia e i quattro senatori che hanno ritirato la loro firma per chiedere il referendum sul taglio dei parlamentari
In attesa di avere anche noi il nostro diritto di tribuna e di poterci sollazzare come in un palco all’opera guardando le capriole della politica, va preso atto che sì: quando è troppo è troppo. La lezione, che accettiamo con francescana umiltà, l’ha impartita ieri dall’alto scranno del Fatto Salvatore Cannavò, con un titolo degno di un compianto su un koala abbrustolito: “Su Di Maio un inutile gioco al massacro”.
Premette, Cannavò, che “Di Maio non ha il nostro preventivo sostegno e nemmeno un nostro acritico apprezzamento”. Però, eddai!, “il susseguirsi di attacchi contro di lui, la derisione costante e la tiritera che vorrebbe l’Italia ormai fuori dalla grande politica internazionale per colpa del leader pentastellato è divenuta insopportabile”. E poi, basterebbe “il colpo a effetto” a Palazzo Chigi a dimostrare il contrario. Peccato che, a Palazzo Chigi, il soufflé di Giuseppi si fosse sgonfiato in un amen, con Serraj che se la dava a gambe intanto che Haftar confabulava col premier. E peccato che nel frattempo il capo della Farnesina, si direbbe a sua insaputa, fosse in Egitto con i veri stakeholder della Libia, senza saper che pesci pigliare, poi ha scelto di difendere Serraj, intanto che quello faceva uno strappo nella tovaglia protocollare di Giuseppi. Ma niente, ha ragione Cannavò: è un inutile gioco al massacro.
Però in effetti, perché menare sempre Di Maio e invece non dire niente su quei portenti di Area Carfagna, i quattro senatori che ieri hanno ritirato la loro firma per chiedere il referendum sul taglio dei parlamentari? Ma quando l’hanno messa a che pensavano, a Di Maio?