Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Non perculate sempre Di Maio, c'è pure Area Carfagna

Maurizio Crippa

L'epopea semicomica del ministro degli Esteri alle prese con la Libia e i quattro senatori che hanno ritirato la loro firma per chiedere il referendum sul taglio dei parlamentari

In attesa di avere anche noi il nostro diritto di tribuna e di poterci sollazzare come in un palco all’opera guardando le capriole della politica, va preso atto che sì: quando è troppo è troppo. La lezione, che accettiamo con francescana umiltà, l’ha impartita ieri dall’alto scranno del Fatto Salvatore Cannavò, con un titolo degno di un compianto su un koala abbrustolito: “Su Di Maio un inutile gioco al massacro”.

 

Premette, Cannavò, che “Di Maio non ha il nostro preventivo sostegno e nemmeno un nostro acritico apprezzamento”. Però, eddai!, “il susseguirsi di attacchi contro di lui, la derisione costante e la tiritera che vorrebbe l’Italia ormai fuori dalla grande politica internazionale per colpa del leader pentastellato è divenuta insopportabile”. E poi, basterebbe “il colpo a effetto” a Palazzo Chigi a dimostrare il contrario. Peccato che, a Palazzo Chigi, il soufflé di Giuseppi si fosse sgonfiato in un amen, con Serraj che se la dava a gambe intanto che Haftar confabulava col premier. E peccato che nel frattempo il capo della Farnesina, si direbbe a sua insaputa, fosse in Egitto con i veri stakeholder della Libia, senza saper che pesci pigliare, poi ha scelto di difendere Serraj, intanto che quello faceva uno strappo nella tovaglia protocollare di Giuseppi. Ma niente, ha ragione Cannavò: è un inutile gioco al massacro.

 

Però in effetti, perché menare sempre Di Maio e invece non dire niente su quei portenti di Area Carfagna, i quattro senatori che ieri hanno ritirato la loro firma per chiedere il referendum sul taglio dei parlamentari? Ma quando l’hanno messa a che pensavano, a Di Maio?

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"