Più kora meno Sanremo
Quasi quasi vado a comprarmi la discografia completa di Ballaké Sissoko. Tanto per passare il sabato sera
Questa sera finisce Sanremo, potremo riporre nei bauli in soffitta le memorie proto-italiche dei Ricchi e Poveri e dei Carrisi, tornare a pensare che Elettra Lamborghini non è Janis Joplin, lo share di metà degli italiani potrà ricollocarsi nel paese irreale per decidere se Giuseppi è garantista oppure no, i più astuti di noi andranno a letto presto per verificare di persona di che cazzo abbia concionato per quasi due ore Benigni. Ma soprattutto, ricomincerà a scorrere felice la musica che ci gira intorno. E a proposito di musica, per scavallare questo sabato sera italiano, mi piace raccontarvi una storia magnifica che ha le malìe del Mali. L’ho trovata sul Guardian. Il musicista maliano Ballaké Sissoko ha accusato le guardie di frontiera degli Stati Uniti di aver distrutto durante un controllo all’aeroporto di New York il suo strumento musicale, “impossibile da sostituire”. Una kora, che è uno strumento dell’Africa occidentale a ventuno corde e produce un suono simile a quello di un’arpa. “Gli agenti di frontiera americani avrebbero osato smantellare uno Stradivari?”, ha scritto indignato su Facebook quando, tornato a Parigi dove abita, in barba alla sostituzione etnica, ha scoperto che il suo strumento “impossibile da sostituire” era stato letteralmente smontato. Le guardie americane si sono professate innocenti, ovviamente. Ma Ballaké è disperato, e si capisce pure indignato per la scarsa considerazione che questi trumpiani di confine hanno per la musica africana. Quella vera, quella che ci gira intorno. E che certamente, come la sua kora, “non è possibile comprare in un negozio”. Quasi quasi vado in un negozio, a comprarmi la discografia completa di Ballaké. Tanto per passare il sabato sera.