Zaki al Cairo. Per non dover dire un giorno: e allora Regeni?
Lo studente stava rientrando in Egitto ed è stato arrestato all’aeroporto da personale dei servizi egiziani. È scomparso per un intero giorno e sarebbe stato “interrogato” con torture e sevizie
A non essere pratici del mestiere si finisce per riuscir male anche quando si fanno le cose per bene. Così l’altro giorno il nostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, pur alle prese col virus di ben altre preoccupazioni, ha chiesto al governo egiziano il rilascio dello studente egiziano Patrick George Zaki, attivista dei diritti civili che frequenta l’Università di Bologna arrestato al Cairo. O quantomeno, la Farnesina vorrebbe “l’inserimento del caso all’interno del meccanismo di monitoraggio processuale” coordinato dalla delegazione dell’Unione europea in Egitto. Solo che dalle parti di Al Sisi non sono mai in vena di far complimenti, e gli hanno risposto con una manganellata sui denti: Zaki è cittadino egiziano, di che vi impicciate? La vicenda, coi suoi punti di domanda, è stata denunciata giorni fa dall’Egyptian initiative for personal rights, organizzazione con cui lo studente collabora e legata ad Amnesty international. Zaky stava rientrando in Egitto ed è stato arrestato all’aeroporto da personale dei servizi egiziani. E’ scomparso per un intero giorno e sarebbe stato “interrogato” con torture e sevizie, hanno denunciato i suoi avvocati. E’ accusato “diffusione di notizie false, promozione del terrorismo e diffusione di dichiarazioni che disturbano la pace sociale”. Che significa tutto e niente ma è sempre una brutta storia. E rispondere che “è un cittadino egiziano” non è una gran risposta: se è egiziano allora si può torturare e nessuno ha diritto di protestare? Scritto così, a futura memoria. Tanto per non trovarsi un giorno a dover dire: e allora Regeni?