Barry Hulshoff il vichingo
Se ne è andato ieri, a 74 anni e fu uno dei protagonisti dell'Ajax di Cruijff, la più bella squadra di sempre
Ci sono certi saluti di addio che è bello dare, perché ci ricordano che c’è stata un’epoca felice, e anche perché confermano che certi amori giovanili non erano abbagli e avevano un significato. La fotografia che ieri è più girata sui media è quella sua con Johan Cruijff, mentre portano giù dall’aereo una Coppa dei campioni (una delle loro tre) tenendola per le grandi orecchie. Il Genio con la sua faccia storta da cavallo, Barry Hulshoff con i capelli lunghi e la barba, enorme come un guerriero vichingo. Non ci sarebbe il calcio di oggi, e forse non giocheremmo neanche alla Playstation, se non ci fosse stata la rivoluzione culturale di quell’Ajax, probabilmente la squadra più bella del mondo, e se Barry Hulshoff non avesse trasformato il concetto di stopper in quello di regista arretrato.
Non c’è, nella sua storia personale, un palo maledetto che ha impedito alla storia del calcio di compiersi, come quello di Rob Rensenbrink che se ne è andato anche lui poche settimane fa. C’è invece la sua storia, dopo il campo e con pochi riflettori, di allenatore e scopritore di talenti. Sembrava un vichingo selvaggio, ma come tutti in quella squadra pensava da filosofo: “Discutevamo di spazio per tutto il tempo. Cruijff spiegava sempre dove i compagni avrebbero dovuto correre, dove rimanere fermi, dove non si sarebbero dovuti muovere. Si trattava di creare spazio ed entrare nello spazio”, disse. Se ne è andato ieri, a 74 anni. Tra le sue ultime imprese calcistiche, era stato lo scopritore e poi l’agente di Matthijs de Ligt. Ma questa è una faccenda per altri, per Sarri.