Le geniali idee di Slavoj Zizek per ripartire comunisti
Intervistato da Rep. il filosofo dice di vedere “un nuovo comunismo germogliare dal virus” e che persino Trump, che pure era partito da populista, adesso ha capito che servono “forme di stipendio minimo garantito”
Siamo tutti col culo all’aria, filosoficamente parlando, in attesa che dal cielo ci piova non un contagio ma un’idea su come ci riorganizzeremo, dopo che avremo riaperto: perché è chiaro che dovremo trovare un qualche aggiustamento. Più mercato o meno mercato, più controllo o ancora più controllo (meno ve lo scordate), più solidali e più distanziati. Più morti es mejo che meno morti (Economist) o meno morti e ci riabbracceremo in Egitto (Giuseppi). Poi, come una luce dell’est, ci illumina Slavoj Zizek. Che fu marxista lacaniano, ma forse anche liberale francofortese. Ora è malato, ha la tosse e “tutti i sintomi del Covid-19”, e gli facciamo l’imbocca al lupo. Poi però leggiamo la sua intervista su Rep. e ci si trizza il culo, sebbene all’aria. Perché il filosofo vede “un nuovo comunismo germogliare dal virus” e che persino Trump, che pure era partito da populista, adesso ha capito che servono “forme di stipendio minimo garantito”. Praticamente da America First a Beppe Provenzano. Ma allo stesso tempo, non crede che ci si debba preoccupare di governi autoritari, che vogliano controllarci tutti: da Lubiana, sogna un comunismo nuovo, dal volto umano. Ha paura, “semmai, che aumenti la sfiducia verso le istituzioni”. Epperò per ricostruirla, la fiducia, ed evitare “nuove forme di paranoia” e le “teorie del complotto in Rete”, si augura di trovare presto “nuovi Assange capaci di smascherare gli abusi”. Che è come dire di voler combattere il virus e affidarsi, invece che a Burioni, a un pollivendolo del mercato umido di Wuhan.