ANSA

Contro Mastro Ciliegia

Goran pianto macedone

Maurizio Crippa

Quando nacque la sua Macedonia, lui aveva già otto anni, poi se ne andò per il mondo. L'altra sera, a 37 anni, Pandev ha portato la sua nazionale per la prima volta agli Europei, e ha pianto come un highlander, come uno che aveva un sogno e l'ha raggiunto. Obama avrebbe detto: “That’s what I do”. A lui bastano le lacrime

Per rimediare all’inutile weekend di noia aggiuntiva causatoci dall’inutile circo Barnum delle delle Nazionali che ci privano del campionato (non bastavano le zone arcobaleno? non bastava il lockdown?) c’è da raccontare una storia bella, nazionale senza nazionalismo. La storia di Goran Pandev, l’highlander con l’attaccatura di capelli più alta della storia del calcio, che l’altra sera ha pianto come un bambino, o per meglio dire come un patriota, quando allo stadio di Tbilisi è finita la partita che ha consentito per la prima volta nella sua storia alla sua Macedonia di qualificarsi per gli Europei. Grazie a un suo gol. Suo, di lui che ha 37 anni, che ha giocato in cento squadre e in seicento partite (è stato tra gli eroi del Triplete, ma questo che ve lo diciamo a fare) e adesso indossa ancora la gloriosa casacca del Genoa. Ma la storia non è questa, non è soltanto il calcio.

E’ che quando la sua nazione diventò indipendente, nel 1991, staccandosi dalla Yugoslavia che stava per esplodere, e le schegge arrivarono anche al suo paese, Goran Pandev era già nato, era un bambino di otto anni. Poi se n’è andato come ogni artista giramondo, ma al suo paese è rimasto legato, e anche al paesino in cui conobbe sua moglie, e dove è tornato con lei per sposarsi. Così l’altra sera, mentre i compagni lo celebravano come un totem o un immortale, e lo abbracciavano un po’ come gli americani stanno abbracciando la Statua della Libertà, lui piangeva a dirotto. Come uno che aveva un sogno o una missione, e l’ha portata a termine. E se fosse stato Obama avrebbe detto “That’s what I do”. Ma lui è Goran il macedone, non ne ha bisogno. Va bene così-.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"