
contro mastro ciliegia
Zaki e la credibilità italiana
La cittadinanza al ricercatore ingiustamente detenuto in Egitto è sacrosanta. Ma deve essere un impegno perché la voce dell'Italia nel Mediterraneo sia credibile e ascoltata. Ne va della sua vita, ma anche della democrazia nel Mediterraneo. Le parole di Liliana Segre
C’è qualcosa nella storia di Patrick Zaki che prende in modo particolare, ed è ricordare quando un innocente è in prigione”. Ci sono fortunatamente giornate in cui basta la presenza in Senato di Liliana Segre per far recuperare all’Italia un po’ di quella credibilità che sul fronte internazionale troppe volte è offuscata. E un po’ di autorevolezza, quando bastano le parole chiare: “La sua detenzione senza processo è una violazione clamorosa dei diritti umani e civili”. Ieri è stata approvata la mozione che chiede al governo di conferire la cittadinanza italiana a Zaki. In ritardo di un anno, visto che è rinchiuso in condizioni incivili, in una galera del generale-presidente al Sisi da 432 giorni. Fratelli d’Italia si è astenuto, occasione persa. Prendere posizione per Zaki è un atto dovuto, e lo è anche nei confronti della nostra democrazia e del nostro ruolo nel Mediterraneo. Occorre che alle parole seguano gli atti, con tutto il realismo e la diplomazia necessari. Di fronte alle proteste italiane per Giulio Regeni l’Egitto ha fatto spallucce: la voce italiana non è giunta al Cairo, non è apparsa credibile. Non è solo questione di pronunciare la “D-word” di Draghi, occorre che segua una pressione coerente. Ne va di Zaki, l’Egitto deve sapere che non deve fare la fine di altri oppositori. Ne va dell’Italia.

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