contro mastro ciliegia
Due anni senza Massimo Bordin, e senza passare oltre
Due anni senza la sua "voce" da Radio radicale. Il governo dei "gerarchi minori" non c'è più, eppure oggi sarebbe ancora più utile a tutti la sua memoria e la capacità di analisi della nostra disastrosa Giustizia. E chissà come ghignerebbe sulla fine di chi gridava onestà-tà-tà
Ogni mattina un noiosone si sveglia nel mondo digitale e annuncia alla sua bolla, di solito fuori sincrono con le esigenze della storia e della cronaca, una data a caso: oggi Michele Paleologo compirebbe 701 anni; Ave Ninchi ci manca da 44 anni; Luigia Pallavicini è caduta da cavallo da 221 anni. Preferibilmente, con un gusto perverso gli anniversari dispari. Ma oggi non corriamo il rischio di infilarci nella incongrua categoria dei fuori sincrono, ricordandoci che Massimo Bordin manca a tutta l’Italia da due anni esatti, 17 aprile 2019. Se ne andò avendo in gran dispetto l’Italia del Salvini-Di Maio, e la gran rovina di un paese in preda a “gerarchi minori” e ad altri figuri, che preferiva liquidare con un colpo di tosse. Che cosa direbbe o come tossirebbe oggi, non sappiamo. Di certo manca assai, non solo agli ascoltatori di Radio radicale ma a tutta la politica, la sua voce sulla giustizia. Certo non c’è più “il ministro della Giustizia più pericoloso di sempre”, come lo chiamò. E fu l’ultimo che vide. Ma ci sono le deprimenti vicende del Csm, la furiosa opposizione di questi giorni al superamento dell’ergastolo ostativo o la guerra di quattrini che sta inghiottendo il partito di chi gridava onestà-tà-tà. Ecco, manca la sua voce capace di spiegare, giudicare, aspirare il toscano. E non passare oltre.