contro mastro ciliegia
Guerra e pace in Ucraina. Il realismo non cinico della chiesa
Il giorno dei bambini di Mariupol' c’è ancora meno spazio per le distinzioni. Ma tra chi dice “arrendetevi subito” per putinismo o per bolletta e chi mette in conto la strage, c’è anche un altro pensiero. Il Papa, la guerra giusta e il massacro che, se si può, va evitato
Ieri Marco Travaglio e Maurizio Belpietro hanno replicato, evidentemente sentendosi chiamati in causa, a Paolo Mieli che sul Corriere del giorno prima (“Il pacifista cinico”) aveva contestato con dovizia di storia la posizione “super realista” di chi preferirebbe (o sembrerebbe preferire) non aiutare con armi né tantomeno boots on the ground l’Ucraina, in base all’idea che la resistenza del suo popolo è vana e l’aiuto sarebbe solo un “aggravare la carneficina”. Meglio affrettare la resa. In base a quale logica (im)morale e, soprattutto, con quali garanzie future per le vittime? Anche Adriano Sofri, e Luigi Manconi su Repubblica, ieri hanno affrontato il tema, in sostanza con le stesse idee di Mieli a favore del sostegno “etico” (Manconi) alla resistenza armata e in critica del pacifismo a “intermittenza” (Sofri). Aggiungere la mia può sembrare un sentirsi chiamati in causa, come i due direttori, e ammissione di cinismo del tipo pacifista. Brutto rischio, ma da correre.
Vale la pena, per aggiungere qualche dettaglio che aiuti a distinguere (certo, non è un momento adatto alle distinzioni: ieri un raid russo ha distrutto l’ospedale pediatrico di Mariupol). Ma frequentando un poco, non le aree del pacifismo vittima “di una vera inversione” (Sofri) del proprio ruolo, ma quelle del pensiero cristiano-cattolico sempre in tensione tra il principio etico e il realismo pratico, che non di rado sfocia nel principio catechistico della guerra giusta, viene da osservare che un principio di precauzione, o di differenziazione del giudizio, possa sussistere. Il card. Parolin ha detto che la chiesa, oltre alle preghiere, è disponibile a “iniziative sul piano diplomatico”, sebbene l’unica vera sarebbe un colloquio di Francesco direttamente con Putin. E nell’ultimo Angelus, Bergoglio ha detto qualcosa di diverso dalla pura arrendevolezza evangelica, affermando che “non si tratta solo di un’operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria”.
La chiesa, istituzione terrena, sa che di fronte a un’invasione la resistenza armata è legittima, lo prevede la sua dottrina sociale. Quando però lo stesso magistero, o il pensiero politico che ne è derivazione, invita a misurare forze e risultati dell’azione sul campo, e a riportare “il prima possibile”, e come obiettivo generale, alle vie negoziali, occupa una posizione diversa tra chi, cinicamente, trova più convenienti le vie sbrigative per tornare alla bolletta as usual, sia da chi con eccesso di zelo crede che la durata dello scontro sia la migliore opportunità per fiaccare la Russia. La valutazione dei costi umani non è, sempre e necessariamente, un cinico conto.