contro mastro ciliegia

Facce da guerra e lingue di legno

Maurizio Crippa

“La Russia non ha attaccato l’Ucraina”, ha detto Lavrov. Giustamente ci indigna, il linguaggio dell’ideologia e della guerra è la menzogna. Poi c’è Canfora, che dice di peggio

Ha compreso quello che le ho detto?”, sibilò al telefono il gran generale Zhukov al compagno Stalin, che aveva d’acciaio anche le orecchie quando c’era da ascoltare cattive notizie. Zhukov, l’uomo che “ripulì Odessa dai criminali”, anni dopo l’avrebbe pagata. Perché niente come una verità improvvisa è in grado di irritare un dittatore. E niente come una menzogna detta con lingua di legno e faccia di bronzo è invece tanto essenziale per reggere un regime e una guerra. “La Russia non ha attaccato l’Ucraina, e non ha intenzione di attaccare altri paesi”, ha detto il ministro degli Esteri russo Lavrov al suo omologo ucraino Kuleba. Come in “Lol”, l’essenziale è non ridere. Non lo ha fatto: la menzogna è strategia. Hitler per invadere la Polonia usò la balla che i polacchi circondavano la Germania; il ministro della Cultura di Putin (cultura, non guerra; Putin, non Stalin) definì il patto Molotov-Ribbentrop un “trionfo diplomatico”.

  

   
Stupirsene è persino ingenuo, del resto nemmeno nelle nostre democrazie nulla garantisce la verità, quando si entra nei territori minati dove la glasnost è sospesa. Non serve Don DeLillo per saperlo. Ma la menzogna di guerra in Russia si sposa con l’antica tradizione zarista, e poi sovietica e kaghebista, altrimenti Putin non avrebbe potuto dire le cose che ha detto prima, durante e dopo l’invasione. Altrimenti ieri non sarebbe stato così pieno, qui da noi, di gente sicura che le immagini di Mariupol sono solo propaganda.

 

Langue de bois, è la definizione storica per il gergo dell’ideologia sovietica: astrazione, simbologie astruse, sovvertimento dell’ordine del discorso e dei fatti (la dittatura del proletariato era libertà, la democrazia liberale era tirannia). Nemmeno noi ne siamo così immuni, anche in occidente la prima vittima del servizio militare è la verità. È il valore universale del “Comma 22” di un celebre romanzo antimilitarista americano: “Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo”.

 

Del teatro di guerra fa parte anche il teatro dell’assurdo, altrimenti Stalin non avrebbe definito gli scrittori “ingegneri dell’anima umana”. La faccia di legno di Lavrov indigna; ma dovremmo sentirci forse più indignati per uno zazzeruto e cinico giacobino come Luciano Canfora, che ieri è riuscito a dire (si suppone anche lui senza ridere) che è “l’Ucraina che ha violato gli accordi” e che in questa che è “una guerra tra potenze” (la geometrica potenza dell’Ucraina?) “la storia di una Irina che perde il bambino è un caso particolare e basta”. Una distrazione. Fortuna che la verità è più dura delle lingue di legno, come diceva Bulgakov: “Questo è un fatto. E i fatti sono la cosa più ostinata del mondo”. Già, ma Bulgakov era di Kyiv.

 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"