contro mastro ciliegia
Paul Ginsborg e il danno fatto
Addio allo storico inglese che si fece italiano per amor di storia ma anche di politica. La sua visione da sinistra giacobina della nostra storia sfociò nei Girotondi, antesignani del populismo giustizialista e grillino. Ma lui almeno da quella deriva si tenne lontano
"De mortuis nihil nisi bonum", dicevano i latini, e del resto abbiamo già un gran daffare a dare quel che si meritano a certuni storici e prof vivi e ciarlieri. Così ci atterremo alla bella regola antica salutando Paul Ginsborg, bravo studioso inglese di storie italiane che tanto amò il nostro paese da venirci a vivere, con cattedra fiorentina, negli anni bui in cui veniva ridotto a casamatta di pm d’assalto. Venne non solo a studiare, ma persino a seminar gramigna politica. Perché l’italianità politica di Ginsborg è poi questa: l’idea di un’Italia moralmente corrotta, il riccastrismo e il berlusconismo come autobiografia della nazione, l’appello al repulisti giacobino “e soprattutto a una visione della magistratura come lucida forza cui sola si deve la sopravvivenza della nostra democrazia”, come scrisse sul Foglio Massimo Bordin con trattenuto sarcasmo. Lo scrisse ricordando di quando Ginsborg si fece protagonista, con Nanni Moretti, Pancho Pardi e Flores d’Arcais dei Girotondi, l’anteprima di quello che anni dopo sarebbe stato il grillismo. Dal quale Ginsborg, annotava Bordin, saggiamente si tenne distante. Ma ormai il guaio era fatto. Rip.
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