contro mastro ciliegia
Sui referendum per la giustizia peserà la poca credibilità del Salvini “garantista”
Si può davvero credere ai quesiti che dovrebbero riportare in auge il garantismo se a proporli è un politico che non lo ha mai praticato? Le contraddizioni del leader del Carroccio
Cosa bisogna dire? Ah, sì: la premessa. “Andrò a votare sì a tutti e cinque i referendum”. Altrimenti qualcuno pensa che questo sia un articolo contro, o astensionista. E invece è il contrario. Ci sarebbe anche un’altra premessa, piace meno ma un po’ di realismo non guasta: il quorum potrebbe non essere raggiunto a prescindere, mica è colpa per forza di Salvini che li ha indetti e poi ha dimenticato la campagna elettorale (come dice Bonino, che se ne intendicchia), o per colpa dei soliti vamos a la playa. Il punto è che i referendum non funzionano da un pezzo, e per conto loro: la gente prima si era stancata perché se anche si vinceva li insabbiavano lo stesso, come quello sulla responsabilità civile dei giudici, 1987. E poi perché a un certo punto ne proposero di così a capoccia, così minimal, persino gli orari dei negozi, che proprio si stancarono di andare. Un declino che alla fine è stato pagato anche su temi più importanti. Tanto che Pannella riuscì a perdere per mancato quorum quello sulla legge 40 contro Ruini (no, dico: persino contro Ruini).
I sacrosanti referendum di domenica, che meritano il sì, scontano la minaccia astensionista. Ma scontano purtroppo anche un fattore endogeno: credibilità negativa. Che è forse la vera fregatura, il vero problema: si può davvero correre ai seggi, seppure liberati dalle mascherine, per votare i referendum sulla giustizia giusta promossi da un leader politico che la giustizia giusta e il garantismo non li ha mai praticati e non riesce a praticarli, almeno per posa, nemmeno a poche settimane dal voto? Si può insomma crederci, se la carovana la guida Matteo Salvini?
A parte il fiero manipolo dei garantisti, e le persone di buon senso che capiscono che lo stato della Giustizia è quasi più letale per l’Italia che manco la svendita dell’Automotive. E a parte i bravi cittadini che hanno tentato di farsi un’opinione – fino a sorbirsi la costituzionalista Littizzetto – tutti gli altri sentono nell’aria odore di fuffa, qualcosa che non convince. Va bene, c’è Roberto Calderoli protagonista di uno sciopero della fame che illumina di luce nuova un’intera biografia: e Calderoli è della Lega. Ma il passo della credibilità – in materia di giustizia, solo di questo si sta parlando – Matteo Salvini, capo del partito cui si devono i referendum, non lo ha fatto. Anzi, anche a tralasciare la distrazione, anche a ponderare le sue preoccupazioni politiche – se vincono i no, vince Meloni – il suo percorso recente è seminato di gaffe contraddittorie che, alla lunga, possono influire sulla voglia dei cittadini di prendere sul serio i “suoi” referendum.
“Chi non vota poi non si lamenti se la giustizia non cambia per i prossimi 30 anni”, ha detto. Ma una settimana fa si è indignato per la scarcerazione di Rosario Greco, un condannato per omicidio stradale che è però in attesa di un nuovo processo d’appello ed è stato, giustamente, messo ai domiciliari. “Mi auguro vivamente che il presidente Mattarella intervenga!”, ha scritto sui social, dimenticando che il referendum contro gli eccessi di custodia cautelare è proprio uno di quelli che la Lega ha proposto. Oppure esulta per l’arresto (droga) della famiglia “a cui avevo citofonato nel 2020”. Non riuscendo, ancora, a distinguere tra un provvedimento delle forze di polizia e una chiamata di piazza all’arresto da parte di un politico. Così la gente magari non ci crede più. Peccato.
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