contro mastro ciliegia
Laura Pausini presa all'amo
La stucchevole e inutile polemica su Bella Ciao ha avuto un esito sgradevole, e che la dice lunga su come venga trattata la libertà d'espressione da chi ritiene di essere il tutto, e non la parte: la cantante s'è sentita in dovere di farsi processare, e di doversi giustificare per una scelta normalissima e libera
Bella ciao” è brutta, non lo dice mai nessuno ma prima o poi andrebbe detto; anche tralasciando la corposa filologia e musicologia partigiana, basterebbe la “Casa di carta” per attestarlo. Non è una canzone di parte, anche se pretendere di essere il tutto e non la parte (“chi afferma di non essere di sinistra”, eccetera) è una scemenza. Il fatto che sia intervenuto nientemeno che Pif certifica che la faccenda è priva di fondamento. Si fosse limitata a dire che non la canta perché non le piace, Laura Pausini avrebbe forse scampato la trafila. Forse. Perché l’unica cosa degna di nota, e che dà da pensare su come sia malmessa la libertà di espressione in Italia, è che Laura Pausini si sia sentita in dovere di esibire la sua excusatio molto petita, ma per nulla dovuta: “Volevo evitare di essere trascinata e strumentalizzata in un momento di campagna elettorale”, ha ribadito, e poi ha aggiunto, rivolta alla giuria di un ridicolo processo politico-mediatico: “Aborro il fascismo e ogni tipo di dittatura”. La Stampa ci ha fatto un titolo da Comintern, o da autodafé, “Pausini si giustifica”. Ma giustificarsi di cosa, per cosa? Per quel che canta o non canta? Avrebbe fatto meglio a dirla tutta: Bella ciao è brutta. Invece s’è fatta prendere all’amo dai suoi giudici. Ovviamente non autorizzati.