Contro Mastro Ciliegia
I Rave e la sinistra non garantista
Dal ddl Zan al reato di depistaggio al lunare "traffico di influenze", la sinistra ha sempre coltivato “il modaiolismo del processo penale”, e il populismo giudiziario. Ora, giustamente, critica quello di destra, Peccato che non abbia le carte in regola per farlo
Di quanto vi sia di minaccioso, “punitivista”, volontariamente o per sbadataggine liberticida (“analfabetismo legislativo”, lo ha chiamato qui ieri il professor Tullio Padovani), nella creazione del reato di “raduno pericoloso” molto s’è detto e si può dire anche di più. Brutta l’idea, pessima la legge. Ne scrivono qui oggi il professor Giovanni Fiandaca, deluso per un esordio di governo che accontenta “i settori più autoritari e punitivisti del suo elettorato di riferimento”, e il professor Vincenzo Roppo, che formula una “prognosi non fausta”, dopo “almeno quattro decisioni di segno marcatamente antigarantista”. Assai meno che terzo tra cotanto ingegno, faccio una notazione marginale, ma a suo modo di merito. Se le critiche a questo provvedimento vengono da personalità come quelle citate, da sempre impegnate per un ideale di giustizia giusta, non serve altro. Ma nella grande onda d’indignazione progressista, davvero tutti hanno le carte in regola quando criticano le proposte liberticide, l’antigarantismo e, in una parola che non dicono, il panpenalismo, cioè uno dei mali peggiori della nostra storia recente? Forse no.
Le prese di posizione contro la legge “del manganello contro i giovani” sono un fiume in piena – e hanno travolto anche qualche isolato ragionevole dubbio proveniente da amministratori di sinistra, come Stefano Bonaccini e Giorgio Gori, che hanno invitato a non confondere i rischi di illegalità dei rave con delle allegre scampagnate – e l’indignazione forse costringerà l’esecutivo di Giorgia Meloni a modifiche o marce (su Roma) indietro. Ma per stare alle dichiarazioni ufficiali. Enrico Letta che dice “I rave non c’entrano nulla con una norma simile. E’ la libertà dei cittadini che così viene messa in discussione”. Come lui, la senatrice Simona Malpezzi, su Twitter: “La destra chiami le cose con il loro nome: quella approvata non è una norma anti rave party ma una norma contro la libertà di incontrarsi e di manifestare (ti dicono loro se si può fare!) Silenzio invece su Predappio o su quanto successo in curva” (la curva nord di San Siro). Sono gli stessi politici, esponenti dello stesso partito, che solo qualche mese fa si schiantarono in Parlamento non, come pure dissero, sulla furia liberticida omofobia e razzista delle destre contro il ddl Zan, ma contro un gruppo di parlamentari che pure il valore di quel provvedimento approvavano, ma non ne accettavano, appunto, alcuni contorni giuridici giudicati pericolosi per la libertà di pensiero ed espressione. Cosa rende così diverso l’oggi? Molto si discusse, allora, dell’art. 21 della Costituzione. Senza stare a rifare tutta la storia, in ballo c’era la discussione sulla (non) necessaria creazione di nuovi reati, gli oppositori giudicavano sufficienti gli articoli della legge Mancino. E’ la stessa critica (giusta ora, come lo era allora) di chi dice che il rave di Modena è stato sciolto a norma di legge in base alle norme già esistenti, e che creare un “reato cosiddetto di pericolo concreto” (Fiandaca) non è solo inutile, ma apre la strada al rischio di ulteriori forzature. Allora come ora (ed è sempre giusto) si criticava il fatto che non venissero indicati specifici reati, ma si creassero invece fattispecie penali imprecise, dunque a rischio di discrezionalità, violando le caratteristiche di tassatività e determinatezza tipiche e basilari delle norme penali. Mutatis quel che si vuole, oggi ci si oppone alla genericità eccessiva (voluta? forse sì) per cui la “pericolosità” di un raduno finirebbe per essere valutata in base a giudizi parziali e soggettivi di chi ne avesse giurisdizione. O addirittura con finalità politiche.
Bene, davvero la sinistra panpenalista, garantista a fasi alterne, che in molti casi si è battuta, e ha legiferato, per introdurre reati che sconfinano nell’etico, o nel filosofico, in nome di una propria sensibilità sociale, è autorizzata a questa alzata di scudi, senza nemmeno fare una piccola riflessione sul suo modo di pensare e costruire lo spazio giuridico, che deve valere per tutti, non solo per alcuni gusti? (Che oggi purtroppo sono i gusti di una destra da manette facili).
Davvero una sinistra che, negli ultimi anni, ha introdotto nuovi reati come l’omicidio stradale (la colpa in caso di incidenti mortali era già prevista), il depistaggio, gli ecoreati cosiddetti, il femminicidio (oltre l’omicidio), il cyberbullismo o il lunare traffico di influenze. Insomma una sinistra giustizialista e afflitta da elefantiasi panpenalista – “il modaiolismo del processo penale”, lo definì Francesco Paolo Sisto, oggi ahinoi vice ministro di Giustizia del governo che ha creato la legge sui rave – davvero questa sinistra può limitarsi a urlare sui giornali, sui social e in Parlamento come se nulla fosse stato?