Contro mastro ciliegia
Il folle pentimento del Partito democratico sul Qatar gate
Cozzolino non è nemmeno indagato e si dice disposto a rinunciare all'immunità. Il Pd sta vivendo qualcosa di peggio di un suicidio politico. Il viscerale bisogno di macerarsi
Come al Grande Fratello, Cozzolino finora è stato solo nominato: nessuno lo ha indagato. Ed è l’unico del Pd citato nella faccenda Qatar. Eppure non solo il partito lo ha già sospeso – il garantismo non è cosa loro – ma addirittura l’eurodeputato non indagato si è detto disposto a rinunciare all’immunità. A tanto arriva l’interiorizzazione del senso di colpa. Strabiliante, o si potrebbe dire comico, se non si temesse di passare per cinici.
Il Pd non ha indagati, ma sta vivendo tutto come un autodafè: peggio di un suicidio politico. Certo, è anche colpa delle dichiarazioni demenziali alla Brando Benifei, dannose come la prima gallina che canta. Ma c’è altro. Primo, i danni causati dall’interiorizzazione del complesso di superiorità morale (berlinguerite cronica, brutta patologia) sono tremendamente profondi, tanto che basta sentir parlare di malaffare in un partito limitrofo per avvertire il bisogno di macerarsi.
Secondo, l’indagato in chief appartiene al partito che fu fondato da fuoriusciti del Pd: lo stesso che ora i dem stanno inopinatamente cercando di riportarsi in casa. Proprio nel momento in cui la logica, e anche la purificazione, suggerirebbero un cordone sanitario. Uno strizzacervelli bravo, col Pd, ci farebbe i soldi.