contro mastro ciliegia
Cara Belloni, quello nei suoi confronti non è outing
Il post della compagna di Schlein e qualche cosa da sapere su privacy e generi. Perché il problema non è l'orientamento sessuale, ma l'intrusione dei media: che colpisce tutti
No, gentile Paola Belloni, paolab3lloni per chi la segue sul social, di cui è parsimoniosa. No, le cose non stanno così, esattamente così, come ha scritto nel suo ben meditato post. “Si chiama outing e io ne sono stata travolta”, ha scritto dopo che un settimanale aveva pubblicato una sua foto in compagnia della segretaria del Pd, titolando: “Ecco il volto della fidanzata di Elly Schlein”. Ma lei dice, rivolgendosi a chi ha realizzato (così evitiamo la schwa) lo scoop, che “comunicare a mezzo stampa l’intimità affettiva di una persona è un atto ingiusto e si chiama outing”. Non esattamente, no.
Outing indica, nei codici linguistici che lei conosce bene (lei è un residuo spagnolesco, niente di personale: è giusto per evitare il “tu” fascista) una pratica odiosa e violenta, una esposizione – di solito malevola – nella identità personale. Ma questo non c’entra con la vicenda che l’ha vista coinvolta, per quanto suo malgrado. E’ invece un’azione che pertiene, o per meglio dire rasenta, una violazione della privacy: perché svela, forzosamente, qualcosa della propria vita o del proprio status nel mondo. Ma non viola una “intimità affettiva”, se non per il suo aspetto esteriore, sociale. (Compagna, figlio di…). Cose che, di personaggi pubblici, si possono sapere e far sapere. Lei scrive che “in Italia non abbiamo il matrimonio egualitario, non abbiamo tutele per i figli e le figlie di famiglie omogenitoriali, non abbiamo una legge contro l’omolesbobitransfobia”. E questo sembra alludere al fatto che quanto le è capitato sia più grave che se fosse capitato invece ad altri, diciamo a una coppia eterosessuale. Ma non è così. Se è giusto vietare certe intrusioni nella privacy, allora vale anche per la (ex) famiglia Totti.
Quanto all’outing, la segretaria Pd Elly Schlein, non ha mai fatto mistero delle sue scelte in ambito affettivo. Il settimanale non ha commesso outing, non più di quando pubblicava e dava nomi alle cangianti fidanzate di Gigino Di Maio. Non esiste un diritto a una riservatezza diverso da altri. Esiste invece un ambito in cui appartenere alla sfera di vita di una persona pubblica rende in qualche modo persone pubbliche. Ci sono limiti e leggi in proposito. “Ne sono stata travolta” può essere umanamente comprensibile, ma non sposta i confini e le regole della comunicazione pubblica. Non è quindi il genere, la schwa e tanto meno l’outing da mettere a tema. E' piuttosto l’invasività dei media.
Si è fatto sapere al pubblico (il pubblico si interessa di quel che vuole, sa? Le conviene di impararlo in fretta) chi è la compagna di una delle persone politiche più in vista del paese. Esattamente come – senza scandali ma anzi con sghignazzi, che nel suo caso sono fortunatamente mancati – i giornali ci aggiornavano di altri fidanzati/e: lo suggerisca a chi di dovere, a partire dalla parte politica che rappresenta, e che per decenni ha fatto dello sputtanamento privato, della politica del buco della serratura, una delle sue preferite armi politiche. O vogliamo dimenticarci di quando la sinistra difendeva la libertà deontologica e professionale di un paparazzo che filmava gli ospiti nudi e ignari dentro a Villa Certosa? Ha molte ragioni, gentile Paola Belloni, per essersi sentita ferita. Ma lo impari, lo cambi se vuole. Ma per tutt* e tutt*, come usa dire.