Contro mastro ciliegia
L'incidente al Titan e la tragedia dei migranti, questione di suspence
Il meccanismo psicologico che tiene legate milioni di persone alle sorti del sommergibile incastrato vicino al Titanic è noto: è quello di ogni distaster movie, con o senza catarsi. Non c’entrano nulla le centinaia di vittime al largo della Grecia
A trenta secondi dalla fine era un film neanche brutto, a metà tra il thriller e il disaster movie, un treno lanciato verso la catastrofe coi suoi passeggeri-prigionieri. Un tipico meccanismi della suspence, tra i più coinvolgenti: il pubblico sa, fa il conto alla rovescia, l’angoscia è indicibile. Non ci sarà lieto fine, ma tanto è solo un film. Come Cassandra Crossing, come Gravity. Non è un film l’incidente al sommergibile Titan con a bordo quattro turisti e l’equipaggio rimasto incastrato nel fondali dell’oceano vicino al relitto del Titanic. Hanno ossigeno fino a oggi mezzogiorno, pare. Una vicenda che da giorni attira come un magnete milioni di persone. Nel frattempo un’infinità di moralisti del web, di cultori del Bene, vogliono rovinare questo momento di tensione e catarsi con le loro belinate: tutti col fiato sospeso per quattro riccastri (è questa la colpa) e nessuno piange le centinaia di vittime al largo della Grecia. Spendiamo soldi per salvare i turisti, ma i migranti? Ovviamente le due cose non c’entrano, e almeno i giornalisti specializzati in mali del mondo dovrebbero saperlo: nella vicenda del Titan la gente è attratta dalla suspence, non dalla tragedia. E’ normale psicologa, non sono stronzi.
CONTRO MASTRO CILIEGIA