contro mastro ciliegia
William Friedkin, il braccio vero del cinema
Il regista scomparso ieri iniziò da fattorino in una tv di Chicago ma presto passò dall’altra parte dei sogni. La dura passione, la gavetta, gli occhi affamati e disincantati
Quando il cinema era “il Cinema”, non più il sistema degli studios ma il mito in purezza, così anni Settanta, così libero (o liberal) che poi chiamarono New Hollywood, diventare regista era una vita diversa. Dura passione, gavetta, occhi affamati e disincantati – meglio se un po’ paranoidi, se un po’ ossessivi e attratti dai meandri della violenza. Iniziò da fattorino in una tv di Chicago, figlio di emigrati ebrei di origine ucraina, ma presto passò dall’altra parte dei sogni. Il cinema era saper scrivere un soggetto e una sceneggiatura, senza fronzoli, con la macchina da presa nei denti.
Così erano i film di William Friedkin, laterale quel poco che bastava a renderlo “di culto”, anche se a un certo punto la sua carriera s’era fatta un po’ carsica. Ma The French Connection (“Il braccio violento della legge”, per la nostra sfrenata fantasia titolistica) è il più grande film mai dedicato ai poliziotti cattivi e dall’America al mito violento di sé stessa. E L’esorcista, solo un anno dopo (1973), altro che blasfemia, è uno dei più profondi (e cattolici) film teologici mai girati. Del resto non si svolge a Georgetown, la città santa dei Gesuiti di Washington? Non ci sarà, a settembre, nella sua amata Venezia, a presentare (a 87 anni) la sua ultima fatica. E’ morto ieri a Los Angeles, grazie di tutto.