Sentirsi improvvisamente "ebreo", a scuola
Il caso raccontato dal Corrire di una scuola di Roma. e di uno studente ("italo-israeliano") usato come iL punto di vista "diverso" per un tema. Tanta letteratura, cinema, memorialistica per raccontarci la tragedia di questa esclusione. Au revoir les enfants
Dei licei, pure se scientifici, nihil nisi bonum, come dicevano gli antichi. La scuola italiana si critica ma si difende, perbacco. L’Augusto Righi di Roma, poi ha già le sue battaglie democratiche da fare, se qualche settimana fa sono comparse “scritte fasciste” con minacce a uno studente di un collettivo di sinistra. Ma leggendo la cronaca di Roma del Corriere della Sera, quanto è accaduto durante un compito in classe suona decisamente più inquietante, anche per un solo motivo oggettivo: al centro della questione non ci sono giovani studenti, ma un insegnante, un adulto. Dice la cronaca che un insegnante, dopo aver fornito agli studenti materiale di approfondimento relativo al “sistema di apartheid in Israele contro i palestinesi”, oggetto di contesa da anni tra lo Stato di Israele e varie autorità internazionali, ha fatto svolgere un tema “sulle ragioni di Israele”, chiedendo però di svolgerlo dal punto di vista (emotivo, giuridico? Razziale?) di un loro compagno italo-israeliano, o forse semplicemente ebreo, minorenne e indicato per nome e cognome. E improvvisamente, quel ragazzo non è stato più uguale agli altri studenti-cittadini, ognuno con le proprie idee, famiglie, provenienze ma un’entità diversa. Sionista? C’è tanta letteratura, tanto cinema, tanta memorialista che parlano di episodi così. Ma se qualcuno proprio non capisce, c’è la stella gialla.