contro mastro ciliegia

L'invidia della sinistra per Tolkien

Maurizio Crippa

Una bella mostra a Roma chiude polemiche inutili. Superando anche l’irrefrenabile pulsione della destra per il “tesssoro” degli Hobbit. E una verità da ristabilire sull'autore del Signore degli anelli

Sulla incoercibile, inarginabile pulsione del ministro di Cultura Gennaro Sangiuliano e dell’intera Hobbit-Right di comminare alla Galleria nazionale d’Arte moderna e contemporanea l’allestimento di una mostra dedicata a Tolkien, (“Uomo, Professore, Autore”), che ha fatto venire l’orticaria  preventiva a qualche direttore e/o curatore, da queste parti ci siamo divertiti un poco, provocando al ministro i sintomi prodromici della malattia dell’anello: giù le mani dal “mio tesooooro”. Ma si passi oltre, come elfi che scavalcano carcasse di uruk-hai. Poiché ora la mostra alla Gnam sul grande scrittore totemico della destra è iniziata e se ne dice un gran bene. Centinaia di foto, libri, illustrazioni, “molto filologica e per nulla ideologia” (Luigi Mascheroni su X), tiene il passo con altre d’oggetto assimilabile (alle Scuderie del Quirinale si celebra molto bene il “Favoloso Calvino”) e il coté delle polemiche è insomma sopravanzato dai fatti.  O sarebbe, poiché un paio di pinzillacchere da sistemare rimangono. La prima ce la suggerisce Concetto Vecchio, su Repubblica, che è giornalista colto. Gli hanno titolato però l’articolo, sul web: “Tolkien di Stato. La mostra da 250 mila euro che fa felice Giorgia Meloni”. Neanche troppi, 250 mila per allestire una mostra di standing nazionale, ma non è il punto. La memoria corre a tutte le dozzine di esposizioni finanziate generosamente dai ministeri, fossero il Collegio Romano o le direzioni regionali, il Padiglione Italia della Biennale o via allestendo, e non ci si addentrerà nel terreno scombinato del Fondo unico per lo spettacolo. Tutti finanziamenti (secondo noi) leciti e validissimi, e allora perché Tolkien sarebbe una operazione “di Stato”, Minculpop della Terra di mezzo?

 

Ci ricordiamo ancora (per lo spavento) di una esposizione del MAXXI d’epoca franceschiniana, “Chiaroscuro”, che tappezzò Roma di manifesti che replicavano una frase di Gramsci, prodotti da Alfredo Jaar, artista brasiliano. E il MAXXI è pur sempre “ente di diritto privato in controllo pubblico”. Ora c’è una mostra di Jacovitti, come artista meglio di Gramsci: si criticherà perché era di destra? L’altro spunto, che rubiamo per pigrizia sempre a Concetto Vecchio, ma sono mesi e  anni che la gauche acculturata se ne duole, è quello dello “scippo” di Tolkien da parte delle rapaci “destre”. Meloni e i suoi fratelli sarebbero riusciti in decenni di Campi Hobbit a concludere l’appropriazione indebita di un Tolkien che invece era “nel ’68, tra la generazione dei figli dei fiori, il padre di una una rivincita della dimensione fantastica e ludica”. E il Signore degli anelli addirittura “la Bibbia degli Hippies”. Sarà. Forse all’Isola di Wight. Ma John R.R. Tolkien, raffinato linguista e glottologo, studioso di popoli antichi, e C.S. Lewis, e  G:K Chesterton e altri intellettuali-romanzieri inglesi, pezzi pregiati delle università, erano dei fieri cattolici in un universo anglicano a trazione modernista, e dei fieri conservatori. E proprio da lì, da un’opposizione fortemente spirituale al materialismo, nasceva la loro ispirazione fantastica.

  
Altro che figli dei fiori. E non certo in Italia, comunque. Nel clima degli anni Settanta egemonizzato dalla sinistra, quella ortodossa di scuola Pci e quella che orecchiava la French theory, Tolkien era visto come un pericoloso alieno nazistoide. In mostra alla Gnam a Roma c’è la lettera con cui l’ineffabile e recidivo Vittorini (aveva già bocciato il Gattopardo) sconsigliava Mondadori dal pubblicarlo. Il Signore degli anelli fu pubblicato nel 1970 da Rusconi, grande casa editrice che con la guida di intellettuali del calibro di Alfredo Cattabiani e Quirino Principe aveva in catalogo Del Noce e critici d’arte come Hans Sedlmayr, ma era ostracizzata in odore di destra fascistoide. Adelphi pubblicò Lo Hobbit solo dopo, 1973, e lo ha in catalogo tra i magnifici longseller. Ma pure l’Adelphi degli anni Settanta era tenuta in sospetto esoterico-destroide dall’ortodossia di sinistra. Tutt’a un tratto, coi canonici cinquant’anni  di ritardo, ora la sinistra scopre che invece Tolkien era roba sua. Distratti.

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  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"