Contro mastro ciliegia
Non c'è nessun intento benevolo nelle fake news che scatenano odio sociale
I malevoli sono anche quelli che hanno gonfiato il caso delle recensione della signora Pedretti e ora dicono: “Anche se era un fake era a fin di bene”. Un nuovo impeto giustificazionista ha deciso che vadano sdoganate, dunque accettate nel pubblico discorso, anche le menzogne
"La signora forse ha inventato la recensione, ma mandava segnali positivi”. La caccia al mostro “anche quando in caso fosse stato un fake, aveva un intento benevolo”. Tutto questo accanirsi “per una recensione forse falsificata”. Sono alcuni degli innumerevoli commenti, anche di professionisti dell’informazione e di politici, dopo il tragico epilogo (se è un epilogo) della bagarre mediatica attorno al post di Giovanna Pedretti, ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano morta suicida. Un nuovo impeto giustificazionista ha deciso che vadano sdoganate, dunque accettate nel pubblico discorso, anche le fake news. Se fanno comodo. Nella tragica, pasticciata vicenda della risposta al presunto commento omofobo di un avventore, l’inedita benevolenza verso la (possibile, siamo al possibile) fake news non è l’unica grave distorsione operata.
Ma è la prima a balzare agli occhi. Va subito detto che le distorsioni più grosse, nel caso di Sant’Angelo Lodigiano, non sono state compiute dai notori “debunker” oggi messi nel mirino dei benevolisti. No davvero.
Si procede, ovviamente, sulle ipotesi e in attesa di sapere alcunché di definitivo, compreso soprattutto se si possa stabilire un motivo certo e univoco del suicidio della signora Pedretti. Ma sappiamo che nel processo mediatico le sentenze non si commentano: si precedono.
Dunque va detto che la prima responsabilità è di chi sostiene ora che “se anche fosse stato un fake sarebbe stato a fin di bene". Davvero assurdo, e pericoloso. Invece, in questo caso, si sarebbe utilizzata una falsità per farne materia di gogna mediatica contro ignoti (o soliti noti). Proviamo a pensare infatti se, nel piccolo borgo padano, qualche cacciatore di scalpi mediatici avesse identificato l’autore della presunta recensione omofoba e abilista con una persona reale, scatenando un linciaggio pronto a degenerare, come già se ne sono purtroppo visti. E questo sia nel caso che il reprobo esistesse, sia che il post della ristoratrice avesse creato un feticcio a disposizione dei cacciatori (l’agente Kaplan di Intrigo nel lodigiano). Non c’è nessun intento benevolo nelle fake news che possono scatenare odio sociale.
Soprattutto, la grande distorsione, e di tutti coloro, professionisti dell’informazione e dilettanti dell’etica per sentito dire, che hanno lanciato il sasso contro l’ignoto reprobo. E che ora, dopo aver nascosto la mano, alzano il dito per addebitare le responsabilità ad altri. Poi c’è la responsabilità di quelli che a frotte hanno commentato sui social e hanno promesso di recarsi tutti in pizzeria a Sant’Angelo Lodigiano il primo sabato libero. Sono costoro ad avere montato un caso mediatico, senza prima averlo verificato, trasformando la ristoratrice in un ballon d’essai dell’inclusione. Senza badare che potesse scoppiare. Per due giorni è stata creata una nuova eroina al solo scopo di avere la storia del giorno per denunciare la deriva (di destra) italiana. A partire dall’inossidabile Berizzi che ogni giorno, su Repubblica, deve riempire il suo “spazio identitario nel solco civile di Rep.”, e lo ha subito fatto con la storia “del cliente che non vuole sedersi accanto a gay e disabili e la titolare del locale che gli risponde (meritoriamente) di non tornare più”. Vero o no che fosse. La povera Giovanna Pedretti ha ricevuto montagne di elogi e prenotazioni “virtuali”, grazie alla risonanza mediatica tesa a farne una eroina. E ora è fastidioso leggere i commenti con la coda di paglia di chi dice che “non si doveva farne un caso”.
La terza distorsione riguarda infine l’esito infausto. E’ in corso un fuoco di sbarramento per circoscrivere come responsabili della vicenda, e dunque della tragedia, i debunker famigerati e i (pochi in verità) organi di stampa che, a seguito della “notizia” gonfiata ad arte dagli “imbenevolitori”, hanno semplicemente alzato la mano per chiamare il Var e chiedere una verifica. I debunker professionali e persino dilettanti non piacciono per niente, nel loro non richiesto moralismo, e spesso si dedicano a cause sbagliate. Ma imputarli a unici responsabili dell’esito tragico della faccenda è ipocrita se non peggio. Giovanna Pedretti che forse “non aveva la forza per resistere alla gogna”, come scrivono adesso coloro che l’hanno usata semplicemente per poter alimentare, con materiale d’accatto, la narrazione di un’Italia in preda alle orribili forze oscure dell’esclusione, è stata invece vittima molto più di costoro: di tutti quelli che hanno esaltato il suo gesto di (inconsapevole) azionatrice della gogna. Molto più di chi ha invece ipotizzato che le cose potessero magari stare diversamente. Questo vale ovviamente anche per i politici leghisti che oggi attaccano in modo sguaiato “la sinistra che se la prende con i deboli”, dimenticandosi di quando il loro segretario andava a citofonare ai presunti spacciatori.
CONTRO MASTRO CILIEGIA