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Il "white flight" a Fondi: cosa c'è dietro alla "fuga dei bianchi" dalle aule scolastiche con troppi stranieri
Inutile gridare al razzismo perché molte famiglie di una prima classe hanno tolto i figli da una scuola con troppi stranieri. Il problema esiste, va affrontato con pragmatismo. La capacità di apprendimento, per tutti, inizia dalla condivisione linguistica, che in questi casi non è sempre favorita
Il termine urtante “white flight” (fuga dei bianchi) è apparso per la prima volta in Italia in uno studio del Politecnico pubblicato da Franco Angeli nel 2017 (“White flight a Milano – La segregazione sociale ed etnica nelle scuole dell’obbligo”) per lanciare l’allarme sulla ghettizzazione degli allievi stranieri o italiani di origine straniera come esito della “fuga degli italiani” verso le scuole giudicate “migliori” o private. In America se ne parla dagli anni 60 e in Europa da diversi anni. Ora tutti si sono accorti di Fondi, provincia di Latina, dove la composizione di una prima elementare con un’alta percentuale di alunni stranieri (14-16 su un totale di 28) ha indotto 12 famiglie a ritirare i propri figli e a iscriverli in altre scuole. Non si tratta per forza di “razzismo”. Il tasso di “segregazione scolastica” è studiato da tempo come indicatore di squilibrio sociale. Ed è noto a chi di scuola si occupa che il problema della non-conoscenza della lingua italiana, se non adeguatamente compensato e guidato, è un ostacolo pesante che rallenta l’apprendimento. La risposta non è lo scandalo ma, come indicato dall’Ufficio scolastico, ristabilire un bilanciamento tra studenti madrelingua italiani e no. Cosa che non era stata fatta per astratte velleità sociali. Altrimenti non impara nessuno.