CONTRO MASTRO CILIEGIA
Presentat'arm al generale Molinari, destituito da Repubblica
La destituzione del direttore-soldato Maurizio Molinari dalla plancia di comando di Repubblica, e alla vigilia del 7 ottobre di dramma, spiace. Non ci importano le mille guerre interne che l'hanno logorato. Ha tenuto la barra dritta e l'artiglieria puntata dalla parte giusta, nelle due guerre che contano. Onore
La finanza, e persino nel suo piccolo l’editoria, hanno tempi che il cuore non conosce. Ma destituire, mentre è impegnato sul campo del giorno più lungo d’Israele, il direttore-generale in chief, e farlo per giunta alla vigilia dell’anniversario del 7 ottobre, mentre piovono missili da Teheran e cazzate opinionistiche di ogni calibro e anche più mortali da ogni pertugio d’Italia, be’, questo dispiace un po’. Ha quasi l’aria, ma siamo sicuri involontaria, delle mostrine strappate in mezzo alla piazza d’armi. E allora l’onore delle armi vogliamo rendere a Maurizio Molinari, direttore di guerra, e che guerre, militare nella fedeltà all’obiettivo. Non ci occuperemo del fronte editoriale interno che non ha saputo rassettare, della vecchia guardia di Repubblica che non lo ha mai assimilato, del resto è impegnata nella sua quotidiana Stalingrado finale contro “le destre” di tutto il mondo, che gli può fregare di un conflittino quasi mondiale? (Mi raccomando, Mario Orfeo, mai mulà). Non ci chiederemo com’è che non ha mai visto arrivare una marchettona dell’editore, un comunicato del cdr, una vendita in diretta a OpenAi di tutta il glorioso giornalismo di Rep. Se la vedranno altri. Ma al direttore generale, o generale direttore, Maurizio Molinari, facciamo presentat’arm, e alla prossima battaglia.
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