Giuseppe Valditara (Ansa)

CONTRO MASTRO CILIEGIA

I marcatori infallibili di stupidità contro le “indicazioni nazionali” di Valditara sulla scuola

Maurizio Crippa

Ci sono espressioni tipiche, giudizi fatti, pensieri in automatico che denunciano l’incompetenza, o la stupidità, di chi le usa. Come quelle utilizzate da molti per criticare il  ministro dell'Istruzione. Le modifiche sulla scuola che ha anticipato sono solo umanistiche, non reazionarie

Quelli che hanno fatto buone scuole, con conseguente accesso a buone università, meglio se STEM, amano l’espressione “marcatore infallibile”. Noi umanisti da French theory preferiamo “spie linguistiche”, ma l’oggetto è il medesimo: ci sono espressioni tipiche, giudizi fatti, pensieri in automatico che denunciano l’incompetenza, o la stupidità, di chi le usa.

Ad esempio il coordinatore nazionale dell’Unione degli studenti ha in automatico detto che la scelta di introdurre lo studio della Bibbia nelle scuole “è una chiara scelta politica in linea con le idee reazionarie e conservatrici del governo”. Elly Schlein che ama la sintesi invece: “Un’idea nostalgica”. Altri hanno compitato: “L’impronta tradizionalista e rivolta al passato è un segno chiaro dell’approccio di Valditara e delle sue idee sull’istruzione”. C’è persino un prof-poeta che intervistato da Avvenire, che pure non dovrebbe essere contrario al latino, dice che insegnarlo potrebbe sottendere “una visione elitaria che escluderebbe l’alta percentuale di alunni di origine straniera”. Come se la (bassa, sembra di capire) percentuale di alunni di origine italiana sia composta da madrelingua ovidiani.

 

Insomma basta osservare questi e altri infallibili marcatori di superficialità e preconcetto per sospettare che invece il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara meriti un applauso. Lui e la commissione di esperti che sta plasmando, in fieri, le “Indicazioni nazionali” (ex programmi scolastici) per le scuole di ogni ordine e grado, provando a (re)impiantarvi qualche soluzione di buon senso dopo decenni di French theory pedagogica all’italiana. Lo stimolo mnemonico, attraverso la bella e dismessa pratica delle poesie studiate a memoria; la valorizzazione la cultura greco romana da cui veniamo; la storia messa in fila e la geografia coi fiumi e i monti; lo studio – facoltativo, nelle scuole medie – del latino per approfondire la conoscenza di grammatica e sintassi italiane. E magari anche un po’ di Bibbia, visto che non c’è bisogno di essere George Steiner per sapere che la metà dei nostri archetipi culturali e letterari vengono dal “Libro dei Libri”. 

Criticare a scatola chiusa – cioè sulla base delle anticipazioni di un’intervista del ministro – queste idee tutt’altro che stravaganti è un marcatore infallibile. I critici più intraprendenti hanno anche sostenuto che le nuove “indicazioni” segnerebbero la fine del mito berlusconiano delle “tre i”, inglese, impresa, informatica. Peccato che proprio quell’idea modernizzatrice fosse ai tempi aspramente criticata da chi ci vedeva l’assassinio dei valori umanisti e solidaristi della tradizione. Le “tre i” che secondo lo storico Francesco Filippi “tanti danni hanno fatto”. Ma ovviamente ora la didattica classica non va più di moda. Ora c’è l’impronta tradizionalista. Questo a parte, andrebbe detto agli infallibili marcatori che i suggerimenti “umanistici”, non per forza passatisti, di Valditara non aboliscono in alcun modo le altre materie.

C’è poi un aspetto volutamente trascurato: i “programmi nazionali” prescrittivi sono stati sostituiti da tempo dalle “indicazioni nazionali”, che lasciano liberi, entro un certo indirizzo, scuole e docenti di predisporre i contenuti che preferiscono. Nessuno insomma sarà obbligato a studiare a memoria Gozzano (pare sia uno spauracchio terribile) né a leggere brani del Qoelet. Più che ritorno al passato, un passo al futuro. 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"