
(Ansa)
Contro mastro ciliegia
I ciclisti d'altri tempi, il Guttalax e il metodo Trump
Beppe Saronni racconta i tempi eroici del ciclismo, quelli dei pirati che pedalavano senza casco e occhiali. In quegli anni, capitava che tentassero di avvelenarti con il Guttalax e la squadra nemmeno denunciava il fatto
Non ho niente contro i ciclisti, giuro. Anzi sono nella tipica condizione di poter dire “ho anche tanti amici ciclisti”. Anzi andavo in bicicletta anch’io, e seguivo con distratta passione, ma fino ai tempi in cui al massimo si mettevano in testa una bandana. Pirati che pedalavano “senza casco e occhiali a nasconderci il volto”, come ha detto al Corriere Beppe Saronni. Da quando hanno gli occhialoni, sono diventato credente ma non praticante. Saronni parla ovviamente della rivalità con Francesco Moser. Ecco, io ho tanti amici ciclisti ma non ho mai saputo scegliere chi mi stesse più antipatico tra i due. Ma ieri Saronni ha raccontato una storia assurda, d’altri tempi, e l’ho trovato retroattivamente molto simpatico. Era al Giro d’Italia del 1983, era la Maglia rosa, cioè come direbbe Trump era quello a cui tutti dovevano baciare il culo. A un certo punto lo avvisano che “un piccolo industriale lombardo che faceva ruote di biciclette” lo inseguiva da giorni per “avvelenarlo con il Guttalax”. Insomma le goccine per far venire la cagarella ai bambini. Oggi per fregarti userebbero il Clostebol e ti denuncerebbero alla Wanda. Ma quelli erano tempi eroici, senza casco. La sua squadra non fece neanche denuncia. E adesso baciate il culo ai ciclisti coraggiosi.

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