A Londra Clegg si fa bello, ma a innamorarsi dell'uomo sbagliato ci si stropiccia sempre troppo
Nick Clegg, bello e incompreso, meglio noto come “l’Obama inglese” quando ancora assomigliare al presidente americano aveva una coolness ormai dismessa e quando Clegg pareva il politico più promettente del Regno Unito (era il 2010), vuole riscattarsi con le elezioni del 7 maggio. Il capo dei liberaldemocratici ha passato cinque anni al governo assieme ai Tory e il matrimonio, si sa, non è andato benissimo. Clegg è quasi scomparso, il suo partito ha perso consensi (li ha quasi dimezzati), i conservatori si sono divertiti a trattare i loro compagni di coalizione come i fratellini minori un po’ scemotti, hanno fatto di tutto per annientarli senza però indurli a scappare (cosa che Clegg non ha mai pensato di fare, i suoi colleghi liberaldemocratici invece sì e così oltre a gestire le angherie dei Tory il vicepremier ha dovuto subire anche parecchi attentati interni). Ma Clegg rivendica questa coalizione come una scelta politica giusta, e il film “The coalition”, trasmesso da Channel 4, racconta la settimana in cui il matrimonio è stato deciso mettendo al centro l’ambizioso e preoccupato Clegg, il kingmaker, che dorme poco, ha delle tentazioni, teme di sbagliare tutto, viene corteggiato dai laburisti e dai conservatori con tattiche diverse ma ugualmente ingannevoli, fa calcoli, viene accusato, infine decide che tra il Labour dell’ormai decaduto Gordon Brown e i Tory dell’arrembante (ma comunque non maggioritario) David Cameron è meglio il secondo.
Oggi “The coalition”, che sembra raccontare un evento perduto nel tempo, potrebbe essere di nuovo attualissimo e saremmo ancora lì, con chi stare? E ora ci sono già cinque anni di matrimonio consumato in ben poca allegria. I laburisti e i conservatori si comportano come se ci fosse qualche possibilità di ottenere la maggioranza, escludono alleanze, a volte si fanno incastrare, poi ne escono fuori veloci, siamo qui per vincere, vi governeremo: non c’è possibilità di ottenere la maggioranza, stando ai numeri, una coalizione si dovrà fare. E allora Clegg si è rimesso al bello, vuoi vedere che hanno bisogno di me un’altra volta, anche se il mio tesoretto di voti è ben meno prezioso? Nel partito ci sono già rivolte, con i Tory mai più, ma si può fare cinque anni con uno e poi passare con l’altro senza risultare soltanto un opportunista? Clegg non ci dormirà la notte, ma ci sarà abituato, forse non dorme da anni, non certo adesso che deve pure cercare di mantenere il suo seggio, altrimenti il kingmaker non sarà più lui, sempre ammesso che il corteggiamento ai Lib-Dem si rivelerà strategico. A Sheffield Hallam, la sua constituency, la gente non è molto soddisfatta: Clegg nel 2010 aveva vinto il seggio combattendo contro i conservatori e anche gli elettori laburisti si erano infine convinti a votare il liberaldemocratico per combattere il pericolo rappresentato dai Tory. Poi Clegg li ha traditi e a questo giro il candidato del Labour a Sheffield Hallam sta andando parecchio forte, lo spin vuole che abbia una maggioranza schiacciante, i liberaldemocratici ridono sbruffoni (qualcosa della convivenza con i conservatori è restato), ma l’8 maggio, il giorno dopo il voto, Clegg potrebbe svegliarsi con il cuore in gola. Un po’ se l’è cercata, dicono i maligni, ha scelto un marito con cui era pressoché impossibile andare d’accordo, e ora non si può rivendere come il politico integro che era prima che il gioco delle coalizioni iniziasse. Ci si stropiccia sempre troppo a innamorarsi dell’uomo sbagliato.