I cuori blairiani sono forti, ma se devono rischiare l'infarto diteci almeno a chi possiamo dare la colpa
Già la sconfitta è stata pesante per il Labour britannico, di quelle che diventano metro di paragone, se facciamo peggio di così possiamo pure chiudere e riconsegnare le chiavi, hai voglia a prendertela con i sondaggisti, ora che i guru dei Tory dicono sfrontati: i nostri numeri sono sempre stati giusti, l’abbiamo sempre saputo che avremmo vinto (sì vabbe’, adesso siete bravi tutti, la disperazione si dimentica in fretta quando si è dalla parte dei vittoriosi). Ma quel che è successo dopo la sconfitta è ancora più deprimente – attacchi, liti, candidature per la prossima leadership sognate e mai avvenute, una già ritirata, neanche il tempo di andare a rileggersi tutta la storia e discutere con il portavoce per un’intervista.
I cuori blairiani, che hanno mal sopportato la furia di Ed Miliband nello stracciare le fortune del New Labour, avevano ricominciato a battere fortissimo, scordiamoci il passato, ripartiamo con la Cool Britannia e le aspirazioni internazionali: il modello inglese, quanto se n’è sentita la mancanza. Ma il batticuore non è durato granché, giusto un editoriale di Tony Blair, una performance televisiva del sempre più incazzato Peter Mandelson, e poi solo delusioni. E’ da anni che ripetiamo “ridateci il fratello”, c’è chi sperava che Ed Miliband perdesse (non così tanto) per poter riabilitare David, il fratello tradito nella corsa alla leadership e poi esiliatosi a New York. Ma David ha sì criticato il fratello, visioni inconciliabili, anche con una certa durezza, e poi niente, non si è rimesso in gioco: ho un lavoro in America, resto qui. Non ha mai avuto il “killer instinct”, David Miliband, doveva far fuori Gordon Brown quando era premier, il golpe sembrava avesse anche una data precisa, ma poi David non fece nulla; anche con la sconfitta per la guida del Labour ha incassato e se n’è andato, deluso sì, ma mai un sassolino lanciato fuori dalla scarpa solo per dire quello che tutti pensavano: ammazza Ed, che stronzo.
Orfani di David Miliband, i cuori blairiani si sono consolati con l’astro nascente, quel Chuka Umunna che apre bocca e conquista tutti, giovanissimo, lanciatissimo, nato un pochino a sinistra ma subito cooptato da Mandelson, pro business, pro riforme, insomma New Labour. Umunna ha firmato un articolo per spiegare perché il partito aveva perso – troppi sindacati, troppa poca visione –, si è presentato in tv accompagnato dalla fidanzata e seduto a fianco di Mandelson, ha preparato un video per la candidatura pubblicato su Facebook, due giorni a gongolare e poi si è ritirato. Non me la sento, troppe pressioni personali, sono giovane, posso aspettare, se intanto mi fate fare il ministro degli Esteri ombra mi piacerebbe tanto. Che cosa è successo? Mistero. Ci si aspettava qualche chiarimento dai giornali della domenica, il Mirror era dato per il custode dello scoop, ma molti speravano anche nel Sunday Times, l’unica cosa che è uscita riguarda finanziamenti da parte dei non-dom, quelli ai quali il Labour voleva tagliare i privilegi, insomma, robetta. Certo la versione secondo cui la bisnonna della fidanzata è stata approcciata dai giornalisti e allora Umunna ha capito che non avrebbe retto le pressioni pare deboluccia per far collassare una candidatura che era nell’aria da anni (nelle chiacchiere da bar si dice di tutto, alcuni ricordano le feste troppo posh, altri insinuano altre faccende personali più intime). Chissà se mai sapremo la verità – a cosa servono i tabloid se poi non rispondono a questioni fondamentali come queste? E poi, un’altra faccenda che ci piacerebbe capire è: chi ha stroncato Umunna, i conservatori? O i laburisti non blairiani che, nonostante la sconfitta terribile, non vogliono farsi sfuggire il partito? I cuori blairiani sono forti, certo, sono sopravvissuti a ben altri dolori, ma sapere con chi prendersela almeno darebbe un senso a quest’ennesima sofferenza.