Tra i fan della Brexit è scoppiata la guerra civile. Lasciarsi è contagioso, ma poi con chi si resta?
Lasciarsi è contagioso, inizia uno e a all’altro viene un dubbio, dovrò lasciare anche io?, forse le cose non vanno bene, forse davvero dobbiamo prenderci un attimo di riflessione. Nella campagna del “Leave” nel Regno Unito, quella che lavora per far uscire il paese dall’Unione europea, tutti vogliono lasciare. O farsi lasciare. O prendere. O cacciare qualcun altro. Insomma, litigano. Il problema è che, una volta che il premier David Cameron avrà deciso quando tenere il referendum (prima deve discutere con gli europei sulla bozza presentata, e anche qui c’è ancora tempo per lasciarsi), soltanto uno dei gruppi che vogliono la Brexit potrà fare ufficialmente campagna, cioè riceverà i finanziamenti utili per la causa. I due principali contendenti sono Vote Leave e Leave.eu, legato agli indipendentisti dell’Ukip, e fino a qualche tempo fa i più ragionevoli dicevano: perché prenderci a pugnalate se vogliamo la stessa cosa?, uniamoci piuttosto. Ma ora che il momento della prospettata fusione si avvicina, pare più probabile il divorzio.
La deputata laburista Kate Hoey ha lasciato Vote Leave, ma continua a tenere la guida di Labour Leave, il gruppo laburista che, contrariamente alla maggioranza del partito, vuole la Brexit. John Mills, noto finanziatore del Labour e vicepresidente di Vote Leave, ha scritto una lettera – prontamente intercettata dal Times – in cui denuncia le continue liti all’interno del gruppo – “battibecchi pericolosi” – che hanno determinato la fuoriuscita della Hoey. La quale ora ha deciso di sostenere un terzo gruppo, Grassroots Out, fondato da due parlamentari conservatori e sostenuto da Leave.eu. Nel frattempo Vote Leave ha perso anche il direttore della campagna, Dominic Cummings, molto noto nel mondo conservatore, consigliere e amico di Michael Gove, ideologo del cameronismo, che si è dimesso dopo che è stato accusato di essere antipatico e scortese, e di creare un clima negativo nel gruppo. Resterà comunque all’interno della campagna, e la sua posizione è sempre più controversa, perché lui, oltre a inviare messaggi “confusi”, è considerato lo specchio dei sentimenti dello stesso Gove, oggi ministro della Giustizia: euroscettico ma cameroniano, e si sa che oggi le due cose non si tengono più, è necessario scegliere se lasciarsi o essere fedeli. Il dilemma attraversa l’intero Partito conservatore, al punto che negli ultimi giorni il livello è arrivato a toccare il più grande “se” della storia identitaria dei Tory: che cosa avrebbe fatto Margaret Thatcher? Il suo superconsigliere Lord Powell scrive sul Sunday Times che lei non avrebbe mai votato per lasciare l’Unione europea – il sottotesto è: Cameron è il miglior interprete dell’eredità thatcheriana – ma Tim Montgomerie, editorialista del Times ed esponente della corrente “sociale” dei Tory, dice che invece la Thatcher oggi sarebbe imbarazzata dalla mediocrità dell’accordo che il premier Cameron ha negoziato con l’Ue. Battagliare sulle inclinazioni della Lady di ferro – che ebbe sempre un rapporto burrascoso con il continente – dà la misura della disperazione di questa campagna. Boris Johnson, sindaco di Londra indecisissimo (perché è un opportunista, vorrebbe posizionarsi dalla parte dei vincitori, ma al momento è impossibile capire quali saranno), sembra aver avviato un negoziato tutto suo: sto con il gruppo europeista e Cameron mi dà un bel ministero quando, a maggio, il mandato da sindaco finisce. L’editoriale che Johnson ha scritto ieri sul Daily Telegraph è molto duro, come sempre, con l’Europa, ma è il meno euroscettico che abbia mai scritto da lungo tempo. Lasciarsi è difficile persino per lui, che pure è così libertino e spregiudicato, ma sull’esito della campagna referendaria impatterà anche la compagnia. Allearsi con gli indipendentisti dell’Ukip farà bene agli euroscettici o renderà il divorzio ancor più complicato e doloroso? E come la mettiamo ora che a inserirsi nel gruppo dei “lasciatori” è stato George Galloway, ex laburista amico dei dittatori oggi supporter di Jeremy Corbyn? C’è chi inizia a dispiacersi per le sorti del “Leave”, c’è chi dice di fregarsene, più siamo meglio ce ne andremo, c’è chi pensa che forse lasciarsi oggi davvero non conviene più. Guardate poi con chi ci tocca rimanere.