Non si è cornute per sempre
Tirare in ballo Bill Clinton, sì o no? Donald Trump si interroga da tempo sul colpire Hillary usando le infedeltà del marito e sfaldare così il femminismo di cui la candidata democratica si è fatta portavoce: Hillary è così amica delle donne, sostiene Trump, che ha distrutto con ogni mezzo le donne-amanti del marito, non credetele, è corrotta e misogina. Molti del team Trump hanno cercato di convincere il capo a lasciar perdere, ognuno ha le proprie infedeltà da gestire, e le proprie vendette (si dice con una certa insistenza che a far trapelare i documenti sulle tasse federali non pagate sia stata la seconda signora Trump, Marla), la questione del voto femminile è così delicata e pericolosa che si rischia di ottenere effetti controproducenti, si sa che le donne tradite sono solidali tra loro. Altri invece hanno criticato Trump, dovevi usare prima l’arma Bill, fin dal primo dibattito, invece che farti intenerire dalla presenza della figlia Chelsea, almeno avresti soffocato la risatina di Hillary sul nascere: tra i sostenitori di questa linea ci sono alcuni big conservatori che hanno almeno un paio di ex mogli in curriculum, evidentemente parlano per competenza.
Comunque sia, Trump fa da sé, e nei suoi comizi improvvisati – nell’ultima settimana ha detto davvero di tutto – lascia intendere che quando farà calare l’arma letale con le infedeltà di Bill, Hillary non potrà riprendersi mai più. Il suo guru/mentore Roger Stone fa sapere due cose, forse collegate: è necessario acquistare la maglia con la foto di Bill Clinton e la scritta “rape”, perché lui non è un libertino, è un criminale; domani scatterà l’ora x, la “sorpresa di ottobre” colpirà Hillary tramite Wikileaks e poi basta, possiamo considerare chiusa la corsa per la Casa Bianca.
Hillary Clinton con il marito Bill (foto LaPresse)
Sul New York Times, Megan Twohey ha raccontato come Hillary ha vissuto e gestito le infedeltà di Bill dal 1992 a oggi, la sofferenza, lo stupore poi diventato abitudine, la campagna denigratoria nei confronti delle “girls”, soprattutto il senso di colpa che prende tutte le donne tradite, forse lui ha delle buone ragioni per farmi questo. Il viaggio nel matrimonio di Hillary e Bill è sempre doloroso e affascinante, non basta la ragion di stato clintoniana a far capire come questo rapporto sia sopravvissuto a tante bugie, non c’è mistero più grande, e non saranno i colpi di Trump a svelare un enigma irrisolvibile. Ma mentre ci rituffiamo in quegli anni Novanta che non finiscono mai, con Drudge Report che lancia in prima pagina la storia di un figlio segreto di Bill, esce oggi un libro anti Hillary che parla dello scandalo delle email ma che in realtà racconta suo marito. L’autore è Ed Klein, che ha già firmato una biografia ferocissima di Hillary e che è stato criticato, deriso, smontato perché nonostante sia stato direttore di testate autorevoli pare non abbia troppa cura nel rispettare la veridicità dei fatti che racconta nei suoi libri. Ma nel mondo della post verità questo non conta, così l’anticipazione di “Guilty As Sin” pubblicata sul New York Post è già lì pronta a trasformarsi in materiale utilissimo per Trump. Le stagiste poco più che ventenni continuano ancora oggi ad aggirarsi attorno a Bill Clinton, che le conosce tutte per nome, che è “gentile e generoso” e che adora ogni genere di massaggio, soprattutto quello ai piedi: così invita le ragazze nel suo appartamento vicino alla biblioteca sulla sua presidenza, si toglie le calze e appoggia i piedi sul tavolino, sorseggia vino rosso, dice “chiamami Bill”, e ogni tanto lancia sguardi languidi. Clinton aveva in progetto di farsi costruire una piscina ma pare che le regole delle biblioteche presidenziali non lo consentano, così lui si accontenta delle belle ragazze intorno, offre champagne e le rose che crescono sul terrazzo e che sono intitolate a sua mamma Virginia, una volta c’era molto caldo e lui s’è messo a spruzzare le ragazze con l’acqua facendo battute sul primo concorso miss maglietta bagnata organizzato in una library presidenziale. Mentre si gode le attenzioni delle stagiste, Bill risponde al telefono, dà consigli, litiga con la moglie, poi fa pace, insomma sta dietro alla campagna di Hillary in quel suo modo che non si è mai capito che cosa davvero gli sia stato chiesto di fare. Nella ricostruzione di Klein, tra una stagista felice di toccare i piedi di Bill e l’altra che sorride per una rosa, si racconta dello scandalo delle email, che l’ex presidente considera ben più grave di quanto non faccia Hillary e questo pare che lo faccia molto arrabbiare. Ma c’è un episodio che descrive il rapporto odierno tra i due coniugi, fa riferimento all’inizio della campagna di quest’anno: “C’era una grande distanza tra i due – confida un consigliere clintoniano all’autore – Lei non ascoltava più tanto quello che lui diceva. Quando lui iniziava a parlare di politiche e strategie, lei alzava gli occhi al cielo e si metteva a controllare il BlackBerry”.
Probabilmente non c’è nulla di vero in questi racconti, ma se oggi i Clinton s’ostinano a non parlare di quel che accadde 20 anni fa, se la campagna di Hillary fa sapere che si guarda avanti e non indietro, un motivo c’è, ed è che arriva un certo punto in cui le donne non pagano più per le infedeltà dei loro mariti, non si interrogano più sul perché dei tradimenti, non si sentono più in colpa, perché, piatti lanciati o no, non si è cornute per sempre.