Leo Varadkar (foto LaPresse)

Perché Londra tratta il premier irlandese come una moglie degli anni '50

Paola Peduzzi

Dublino è come una moglie che ha un marito che si sta giocando la casa in una corsa di cavalli e le continua a ripetere, pure piuttosto irritato, di smetterla di rompere, il ronzino vincerà facile

"Quando qualcuno mi chiede come sono gli irlandesi – ha detto la scrittrice Edna O’Brien – rispondo sempre: guardate gli alberi. Storpi, spogli, deformi, ma ferocemente tenaci". Di questa tenacia ora vanno in cerca tutti, perché tra i tanti guai che ha attraversato, e attraversa, la Brexit, ora c’è anche quello irlandese. Quel confine con l’Unione europea che non si sa dove piazzare, perché un pezzo dell’isola irlandese, il nord, fa parte del Regno Unito e quindi segue i destini (ne tiene su persino il governo, figurarsi) del Regno, e se il destino è fuori dall’unione doganale da qualche parte una frontiera Unione europea-Regno Unito bisognerà pure piazzarla. Ma dove, tra Irlanda e Irlanda del nord?

 

Intanto l’Irlanda rischia di finire a pezzi, di dover organizzare un’elezione anticipata così, su due piedi, tre settimane e si vota, e in queste ore si sta contorcendo per evitare una campagna elettorale che nessuno vorrebbe e cui nessuno è preparato. Al centro c’è lui, il premier Leo Varadkar, il Taoiseach, l’albero irlandese, nella fattispecie non storpio, non spoglio, non deforme ma chissà quanto tenace. Varadkar ha trentotto anni, ha origini indiane, è cattolico, dichiaratamente gay, leader del Fine Gael e premier dal giugno scorso di un governo di minoranza. Quando ha iniziato un battibecco con Londra a causa della Brexit – il Sun ha detto agli irlandesi: “shut your gob and grow up”, chiudete il becco e siate adulti, per dire con che sobrietà è affrontato l’argomento – Varadkar si è ritrovato pure in mezzo a una crisi domestica che mette a repentaglio la sopravvivenza del suo esecutivo. L’opposizione, guidata dal Fianna Fail di Michael Martin, chiede le dimissioni della vicepremier, la Tanaiste Frances Fitzgerald, accusata di non aver gestito in modo adeguato l’intervento della polizia nei confronti di un informatore che denunciava casi di corruzione. Il premier non vuole che la sua vice se ne vada, ma per oggi è previsto un voto di sfiducia nei suoi confronti, con il Fianna Fail che già dichiara finito l’appoggio esterno a Varadkar e si prepara al voto imminente. Il premier sta trattando, negoziando, valutando, non vuole condannare il suo paese a ulteriore instabilità, nel momento in cui dovrebbe mostrarsi solido e deciso nei confronti degli inglesi, pronti ad avventarsi famelici sulle debolezze altrui (che servono anche a nascondere le proprie).

 

La tempesta perfetta per l’Irlanda non era attesa. Mai i rapporti con Londra erano stati tanto floridi come negli ultimi anni, con la visita della regina e grande voglia di collaborare, oltre che interessi comuni, economici per lo più, e l’obiettivo di mantenere tranquilla l’Irlanda del nord. Ma ora questo partner europeo che condivide con gli inglesi secoli di storia non esattamente felici si sente nuovamente maltrattato. I brexiteers hanno già individuato negli irlandesi i colpevoli dell’eventuale fallimento dei negoziati con Bruxelles: ci si può accordare sul conto del divorzio (ancora tutto da vedere, ma c’è buona volontà), ci si può accordare sui diritti dei cittadini europei, ma sulla questione nordirlandese no, e allora i progressi non saranno del tutto sufficienti secondo i leader europei e non si potrà passare alla fase due dei negoziati sulla Brexit. Ma l’Irlanda vuole sapere che cosa ha in mente Londra, e vuole saperlo adesso, come tutti gli europei ma con un po’ più d’urgenza: è sul suo territorio che è prevista la frontiera, bisogna essere chiari. E invece no, come ha scritto Fintan O’Toole, editorialista dell’Irish Times, Dublino è come una moglie degli anni Cinquanta, che ha un marito che si sta giocando la casa in una corsa di cavalli e le continua a ripetere, pure piuttosto irritato, di smetterla di rompere, il ronzino vincerà facile. E mentre Londra alza la voce, Varadkar deve pure mostrare quanto tenaci sono gli alberi irlandesi, e rassettare casa.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi