Le donne di Trump
Le “work wife”, Melania, la pornostar e quella che gioca un altro campionato, Ivanka
Non si fa che parlare delle donne di Donald Trump, le sue custodi, le sue collaboratrici, le sue mogli, le sue amanti. In “Fire and Fury”, il libro di Michael Wolff che ormai è una citazione imprescindibile (sappiamo che molte cose sono inaccurate, ma ci avete detto che le considerazioni generali, la “narrazione” sono plausibili, no?), si racconta che Trump preferisce lavorare con le donne, le sente più amorevoli, più attente, meno ossessionate da un tornaconto personale, capaci di rinunciare alla propria ambizione per dedicarsi alla sua.
Sul New York Times, Jill Filipovic ha analizzato il “lavoro emozionale” che tocca spesso alle donne, prendersi cura dei capi e dei colleghi, delle loro emozioni e più spesso dei loro capricci, trasformarsi in “work wife”, colleghe-mogli, dipendenti-mogli. E’ una dinamica molto comune che non riguarda esclusivamente le donne, ci sono anche i “work husband”, e quando la complementarietà è perfetta, la coppia professionale lavora alla grande: complicità e professionalità, un cocktail portentoso. Secondo la Filipovic non ci si occupa a sufficienza di questa dinamica e di questo lavoro che riguarda soprattutto le donne – un lavoro che comunque non è retribuito pure se drena molte risorse, non soltanto emotive. Con Trump le “work wife” sono diventate una carica a sé: Hope Hicks, Kellyanne Conway fanno da portavoci del trumpismo in tv o dietro le quinte e allo stesso tempo si prendono la briga di coccolare il capo quando non si sente capito e si mettono nella posizione che lui ama tanto, quella della donna che ha bisogno dei consigli di un uomo esperto come lui. Come la mettiamo con il sessimo del presidente? Le “work wife” criticano, ma poi di fatto assolvono, si sa che Trump è così, carnale, diretto, vero (e le femministe si inalberano).
La Filipovic mette nell’elenco delle “work wife” anche Ivanka, la figlia prediletta, ma in realtà lei è al di fuori delle categorie: è figlia, è moglie, è madre, è punto di riferimento, in famiglia, fuori dalla famiglia, ovunque. Ivanka gioca in un altro campionato, è inarrivabile, è per Trump la donna perfetta, il modello perfetto. Non c’è complimento più bello per Trump di: sei come Ivanka. E’ riuscito a dirlo anche a Stormy Daniels, la pornostar con cui avrebbe avuto una relazione nel 2006, proprio mentre sua moglie Melania aveva partorito il loro unico figlio, Barron. Il Wall Street Journal ha raccontato che Trump avrebbe pagato 130 mila dollari per mettere a tacere la pornostar durante la campagna presidenziale del 2016, gli avvocati smentiscono il pagamento, ma non smentiscono la relazione.
Anzi, la rivista In Touch ha ripubblicato la versione integrale di una lunga intervista di Stormy che risale al 2011: la pornostar racconta l’incontro a un evento golfistico in Nevada, l’invito a cena che poi era un invito in camera da letto, il pigiama, la paura di Trump per gli squali, il sesso molto canonico (“solo una posizione”), non protetto (la pornostar è allergica al lattice), ma anche delicato, le promesse di lavorare in tv, la volontà di rincontrarsi. Potrei descrivere i dettagli intimi se dovessi farlo, dice Stormy, e ricorda anche che Trump le faceva molti complimenti, le diceva che era molto di più di una bionda con le tette enormi, e una volta le aveva addirittura detto: sei “bella e intelligente come mia figlia”. Anche se non ha specificato di che figlia stesse parlando tutti hanno pensato, anche Stormy, che si trattasse di Ivanka, la stessa di cui Trump ha detto: “Se non fosse mia figlia, vorrei uscire con lei”.
Ci sono tante donne nella vita di Trump, le sue custodi, quelle che se ne vanno e sbattono la porta, quelle che scappano in silenzio, Melania che chissà cosa pensa, Stormy che ha approfittato della nuova popolarità per lanciare il suo tour “Make America Horny Again”, e poi c’è Ivanka, che è molto di più, è una che è stata buttata fuori dalla pista da sci dal padre durante una gara perché lo stava battendo, ed è ancora lì, a proteggere, a curare, ad addolcire la pillola del trumpismo.