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Il concerto di Corbyn parte un po' lento

Paola Peduzzi

Al leader del Labour britannico manca la formula (invincibile) che rende l’attivismo un flirt

L’estate arriva con i suoi tormentoni, il cuore che va a mille e le ore d’aria, i concerti accaldati, la voce roca del giorno dopo, gli occhi di sconosciuti che si incrociano, ti ho sempre chiamato senza sapere il tuo nome, se siamo qui qualcosa in comune ce l’abbiamo per forza. Jeremy Corbyn, leader del Labour britannico, ha intercettato da tempo questo bisogno di appartenenza mista alla voglia di innamorarsi, e il suo popolo ha già imparato a condividere automobili per andare insieme a qualche evento laburista e a organizzare appuntamenti al buio (anche Meghan ha conosciuto il principe Harry così, e guarda che meraviglia di finale): l’attivismo con possibilità di diventare flirt è irresistibile. L’ex premier David Cameron aveva organizzato su Tinder una campagna pubblicitaria prima del voto sulla Brexit sperando di coinvolgere i giovani e di portarli a votare, ma le cose non andarono benissimo, in generale e nel particolare: corre voce che parlare di Brexit non sia molto sexy, e che Tinder non sia concepito per trovare l’amore eterno e vivere per sempre felici e contenti. A quei tempi Corbyn si limitava a incontrare gli studenti dal vivo: non era una sua battaglia, quella del divorzio dall’Unione europea, adesso lo sappiamo, e abbiamo anche capito il perché, i toni e i modi erano cauti, compassati, scettici. Ora invece il leader del Labour si presta ad altri esperimenti più tecnologici e più pop: sta costruendo la campagna per diventare il prossimo premier del Regno Unito, e se deve stare attento a non farsi sotterrare dalla sua stessa ambiguità (non puoi essere a favore della Brexit e fingere di non esserlo, il tradimento prima o poi viene scoperto) sta cercando di maneggiare al meglio la propria popolarità. Così ha lanciato per il prossimo 16 giugno a Tottenham un grande concerto, stile Glastonbury ma tutto suo: il “Labour Live Festival”. Un grande evento, con le star, i politici, un momento per conoscersi e riconoscersi, e celebrare questa grande forza dal basso, che vive nel mito della nostalgia e della purezza del proprio leader. Momentum, che è il gruppo di attivisti cui Corbyn deve tutto, ha voluto fare una grande operazione di popolo, come dicono loro, per mostrare come il Labour sia diventato mainstream tra i giovani, mentre il governo conservatore s’è inventato un concertino che è presto diventato una riunione di commentatori che hanno l’età dei datteri.

 

Ci sono state però delle divisioni sull’organizzazione del festival, perché questo nuovo Labour che sa di anni Sessanta è parecchio litigioso: non c’è soltanto la frattura tra moderati e radicali, ché Corbyn pensa di averla dominata e i moderati devono andare a cercar casa altrove, ma ci sono un po’ di crepe anche nel mondo radicale, perché il leader pare si senta più debitore nei confronti di Momentum che nei confronti dei sindacati, che pure furono determinanti nella sua nomina nel 2015. Momentum e i sindacati si assomigliano molto, dal punto di vista ideologico sono quasi perfettamente sovrapponibili, ma poi ci sono le persone, le loro ambizioni di potere, le loro correnti e così ci sono stati un po’ di dispetti qui e là, disseminati in modo non troppo visibile nella storia che continua a volere Corbyn paladino della sinistra e di tutto quello che sta ancora più a sinistra. Ma il festival un pochino ne ha sofferto, perché tra un’offesa e l’altra, sono stati stanziati pochissimi fondi e non si riescono a invitare star di peso, che sono corbyniane ma pretendono comunque di essere pagate. In più è stato venduto soltanto il 15 per cento dei biglietti finora, e per i media anti Corbyn il festival è già diventato “Labour dive”.

 

C’è tempo per recuperare, e questo Labour ha dimostrato una tigna invidiabile, ma tra le varie spiegazioni di questo inizio un po’ freddino ce n’è una di una fonte laburista anonima: “Non puoi chiedere a migliaia di persone di pagare un biglietto e ascoltare persone che sentono e vedono comunque online ogni giorno”. Che è un po’ la croce di chi è grassroot e popolare sui social: mi piaci, ma so già chi sei. Se vuoi la chimica invincibile dell’attivismo e dell’amore, mi sono innamorato grazie al Labour, devi darmi un’emozione che non conoscevo, la magia, la sorpresa, un no che diventa sì: basterebbe forse soltanto schierarsi contro la Brexit, non è sexy, ma fa innamorare.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi