Il dibattito dei sogni
L'idea matta di un duello Tony Blair vs Boris Johnson. Con tutta probabilità non se ne farà niente ma una domanda possiamo farcela lo stesso
I dibattiti televisivi funzionano o forse no, orientano gli elettori o forse no, spostano voti o forse no, ancora non si è capito ma non importa perché il dibattito dei sogni è già qui, pronto a capovolgere ogni cosa, ogni certezza, soprattutto ogni incertezza: Tony Blair contro Boris Johnson, il no Brexit in chief (versione secondo referendum, non si accettano compromessi) e il no deal in chief (versione l’accordo May non è Brexit, non si accettano compromessi). E’ soltanto un sogno, una voce che gira senza che nessuno l’abbia confermata, né i diretti interessati né tantomeno quelli che il dibattito lo devono fare per davvero (ammesso che riescano a mettersi d’accordo sul format), ma è già abbastanza per immaginare una serata in cui finalmente la Brexit, persino la Brexit, si fa seducente: due mondi contrapposti, non soltanto sul mercato unico o il backstop nordirlandese, ma su quello che il Regno Unito vuole essere tra dieci anni, su quel che gli inglesi ambiscono per loro stessi, per il loro paese, per i rapporti con gli altri, con uno sguardo un po’ retrò e un po’ futurista, e sì, un pizzico di nostalgia. Sarebbe anche utile per una volta lasciar da parte le fantasie e le cifre sparate a caso e guardarsi negli occhi, nello specchio, e chiedersi: ma cosa vogliamo per davvero? Serve in tutte le relazioni, serve ancor di più all’Inghilterra, che ha ricominciato a digerire numeri catastrofici assieme a promesse menzognere, s’è svegliata dall’incanto di una Brexit facile e si accorge che ottenere quel che si vuole, a volte, è talmente difficile che si ricomincia a interrogarsi prima di tutto sui propri desideri.
Per non tormentarsi con altre, dolorose domande, intanto il paese si prepara a un dibattito in vista del voto parlamentare sulla Brexit: si terrà il 9 dicembre, due giorni prima della decisione a Westminster, e a duellare ci saranno Theresa May, la premier, e Jeremy Corbyn, leader dell’opposizione del Labour. Ancora non è stata decisa l’emittente, se la giocano la Bbc o Itv, tra tante polemiche perché i media – o meglio sarebbe dire: la percezione dei media – hanno smesso di essere neutrali e un contesto o l’altro fanno già un pochino di differenza (ammesso che questi dibattiti ne facciano una, di differenza). Ci sono alcuni elementi che non tornano, per esempio il fatto che si faccia un incontro televisivo quando a decidere sono i parlamentari: meglio sarebbe, dicono gli addetti ai lavori, che la May invitasse i rivoltosi a Downing Street e li convincesse guardandoli in faccia, tra persuasione e minacce.
Forse allora il dibattito – l’idea è stata lanciata dalla May – prepara già a qualcosa d’altro, a un voto che non sarà di palazzo ma di paese, che sia un’elezione o un secondo referendum, ma è ancora presto per fare previsioni, non certo nel Regno che maneggia la Brexit con tanta goffaggine: intanto vediamo cosa riesce a dire Corbyn, il re dell’ambiguità, e come si difende la May, sprovvista di empatia. C’è il rischio di finire in molti dettagli incomprensibili, ché la Brexit non è esattamente un tema da prima serata, ed è per questo che Channel 4, un’altra emittente, ha fatto circolare l’idea matta e irresistibile di un duello tra l’ex premier laburista Blair e l’ex ministro conservatore Boris Johnson. Con tutta probabilità non se ne farà niente, si è discusso fin troppo di fantasie in questi due anni di negoziati, ora è il momento di venire a patti con i termini decisi con l’Europa, e se vi annoiate pazienza, si sapeva già che questa Brexit non era affatto divertente. Ma un piccolo sogno a occhi aperti non fa male, anzi per una volta sarebbe bello vederselo davanti, il diritto di cambiare idea. Magari è incantevole.