Le primarie dem negli Stati Uniti sanno tanto di mamma e disciplina
Il piano delle due sorelle Harris, Kamala e Maya
Di fianco a Kamala Harris, candidata alle primarie democratiche americane in vista delle presidenziali 2020, c’è sempre Maya, la sua sorellina, come dice lei. Sempre. Hanno tre anni di differenza, Maya, avvocato, attivista, commentatrice politica dell’Msnbc, ha lavorato come consigliera politica nella campagna di Hillary Cinton del 2016: il New Yorker la definì il “link progressista” del mondo clintoniano, con la sua “crociata morale per la giustizia”, sociale e molto di più. Oggi Maya è a capo della campagna di Kamala, guardiana affettuosa e imprescindibile della sorella, della sua candidatura e soprattutto della loro cultura familiare, che si sintetizza in un’unica parola: disciplina.
La giornalista e scrittrice Elizabeth Weil ha seguito per qualche tempo Kamala e in un articolo pubblicato sull’ultimo numero dell’Atlantic si è soffermata su Maya – com’era tua sorella quando eravate ragazze? “Molto protettiva, un pochiiiino dispotica”, ha risposto Maya mentre sua sorella la fissava con l’aria: a questa domanda non puoi rispondere in modo sbagliato – e soprattutto sulla loro mamma, Shyamala, che è morta dieci anni fa ma ricorre sempre nei loro discorsi, nel loro modo di porsi rispetto agli altri e rispetto al proprio ruolo pubblico. Shyamala era nata in India, suo padre era un diplomatico, sua madre si occupava di insegnare i sistemi contraccettivi alle altre donne, arrivò in America, a Berkeley, a 19 anni, per un dottorato in endocrinologia. Averebbe dovuto tornare a casa dopo gli studi, la aspettava un matrimonio organizzato in famiglia: Shyamala invece si innamorò al campus di Donald Harris, giamaicano, dottorando in economia. Non tornò in India, si sposò con Donald, ebbe le due bambine, Kamala e Maya, ma divorziò presto, quando le figlie erano ancora alle elementari. Da lì in poi Shyamala divenne il punto di riferimento, la madre senza vizi ma con molte attenzioni, allergica alle mediocrità, presente e incoraggiante senza essere accondiscendente: fate sempre del vostro meglio, ripeteva, e per fare il meglio sappiate che dovete studiare e lavorare, sudare tantissimo, sempre, senza mai fermarvi, senza mai pensare di essere arrivate. Disciplina e solidarietà, una sisterhood passata dalla madre alle figlie, naturale e potente, nata in un cortile della casa dove le due ragazzine abitavano con la madre durante la loro prima protesta insieme. Non si poteva giocare, in quel cortile, i bambini potevano solo stare seduti o camminare: Maya e Kamala organizzarono una protesta, un picchetto domestico, e vinsero la loro battaglia.
Ancora oggi Maya e Kamala sono unite negli ideali e molto disciplinate nella gestione di questa campagna che, come tutte le primarie, sarà scandita dal cannibalismo: prima di andare a lottare contro Donald Trump, i democratici si divoreranno tra loro. Maya sta attenta a tutto, soprattutto a mostrare che ogni cosa, ogni dettaglio, è sotto controllo. Non si distrae, è attenta, ora è lei a essere estremamente protettiva, senza risparmiarsi, e senza togliersi il suo bellissimo sorriso. Quello stesso sorriso che Kamala racconta come ultimo ricordo di sua madre. Shyamala era ammalata di tumore al colon, in ospedale non voleva più leggere niente né guardare la televisione, lei che di solito voleva sapere sempre più degli altri. Non le restava molto tempo, ed era affaticata. Kamala andava a trovarla tutti i giorni, stavano spesso in silenzio – quel silenzio che le due sorelle non scorderanno mai più. Kamala era in campagna elettorale per diventare procuratore generale della California, e con gli occhi chiusi Shyamala le chiese: come sta andando? Kamala rispose: dicono tutti che mi faranno un culo così. Shyamala aprì gli occhi e spalancò un sorriso enorme, il sorriso di Kamala, il sorriso di Maya, e guardandola disse: “Vai avanti. E tanti auguri a loro”.